Post by s***@mediacomm.itOggi ne' Rai ne' Media$et producono piu' nulla in casa, tutto viene
subappaltato. 'Tanto, se anche per quanto riguarda i telefilm si acquistano
i format dall'estero (es. "Vento di Ponente" che nell'originale e'
ambientata a Rotterdam), temo sia l'unico modo di lavorare nella televisione
italiana generalista oggigiorno.
Andrea
Mediaset non ha mai prodotto un tubo, intendendo per produzione
qualcosa di importante come fu per esempio il Marco Polo prodotto
dalla RAI nel 1982, in associazione con varie televisioni estere tipo
ORT, RTF, BBC ed altre. Il produttore esecutivo fu Franco Cristaldi
che confezionò quel prodotto, come fece del resto con molti altri.
Vale la pena ricordare che una delle clausole importanti per dar vita
a un canale televisivo agli inizi della liberalizzazione, fu proprio
quella di produrre una certa percentuale di programmi in Italia,
limitando la quota importata di prodotti confezionati a meno del 50%
dell'intera programmazione. Invece con un sistema o con un altro,
tutte le private (Mediaset o quel che era allora la proprietà dei tre
canali, più Telemontecarlo di proprietà brasiliana) furono più furbi
degli altri. Importavano e basta, facendo la fortuna della TV Globo
del Brasile dalla quale si compravano decine di telenovelas, che rete
4 si affrettava a trasmettere conquistando un audience mai vista
prima. D'altra parte le telenovelas brasiliane furono le prime e le
migliori ad essere apparse sui mercati fin dagli anni del bianco e
nero. La RAI negli anni 70 e 80 produceva eccome. E faceva operazioni
importanti e intelligenti. Il sistema era quello di appaltare la
produzione a quelle società che rispecchiavano le tendenze dei tre
canali in modo migliore, e nel modo migliori gestivano e trasferivano
le tangenti d'obbligo ai partiti o agli esponenti degli stessi. Negli
anni 90 l' esigenza "culturale" del mercato interno, fece capire che
si potevano fabbricare con 4 soldi, le telenovelas anche da noi,
perchè la grande "audience" le avrebbe culturalmente accettate. Fino
ad allora le telenovelas erano considerate sotto-cultura, buone
appunto nei paesi di tipo Brasile o Venezuela e venivano lasciate
tranquillamente ai canali di Mediaset e ai suoi progenitori. Poi anche
i cervelloni politici della RAI, col culo seduto sulle poltrone
dirigenziali di Viale Mazzini capirono che anche il "loro" pubblico
non avrebbe disdegnato questo tipo di intrattenimento ambientato in
casa nostra. E il degrado iniziò.
Oggi con quasi zero produzioni importanti, si spende solo in
sceneggiati da tre soldi, in giochi copiati dai peggiori canali
televisivi americani e che occupano lo spazio migliore della giornata,
fino alla soglia del TG delle 20. Il resto fa pena. Comici vestiti da
carabinieri, spettacoli del sabato sera o della domenica pomeriggio in
mano a soubrettes quasi settantenni, il tutto sempre per le nonnine di
Fucecchio !
La RAI con i suoi 3 canali è un immenso carrozzone di stato. Basta
mettere piede a Saxa Rubra per rendersene conto. La suddivisione in
strutture, sub-strutture, dipartimenti , fa immediatamente capire che
non c'è un cervello imprenditoriale dietro, ma solo una facciata
burocratica elefantina, per intrighi politici, partitari , uno
strumento di propaganda elettorale e una campana di risonanza per chi
è al governo di qualunque colore sia la sua camicia. Non è in poche
parole, un'impresa che rende. Costa e basta. L'importo dei canoni
pagati da un 80% dell'utenza (l'altro 20% li fa fessi), anche se
iniquo secondo alcuni, è comunque fagocitato insensatamente. Ed è una
goccia d'acqua nell'oceano. La RAI paga per tradizione e per
convenienza politica più del doppio delle persone di cui avrebbe
bisogno e si è sempre distinta per avere alla sua dirigenza, gente che
di spettacolo non ha mai capito nulla o quasi nulla. Andò meglio solo
ai tempi di Grassi, unico uomo di spettacolo che diventò presidente,
al quale si devono anche le grandi registrazioni in diretta del
miglior Abbado alla Scala, con registi televisi colti e capaci come
Battistoni.
Una delle ultime dirette trasmesse dalla RAI in questo ultimi anni fu
la Boheme di Torino con quel che restava di Pavarotti e della Freni.
Uno scempio e una vergogna. Un regista che si divertì a immortalare in
primissimi piani i volti segnati dei due cantanti, non azzeccando mai
una cambio scena in tempo per switchare sulla seconda macchina, segno
evodente della sua ignoranza musicale. I conduttori furono due
pagliacci che intervistarono tutti (sarti, conti e contesse, salumai
etc.) meno le uniche due persone che avrebbero dovuto avvicinare: le
nipoti di Puccini e di Toscanini. Ma per carità!! Si dovrebbero
vergognare!
Eppure gli esempi cui ispirarsi non mancano. Il sistema televisivo
francese, per citarne uno dei tanti, in materia di produzioni
cultural-musicali (opere e concerti) ci da un continuo esempio di come
si può fare ottima televisione in questo settore coinvolgendo altri
network importanti (fra quali è raramente presente la RAI), ma che
vede presenti le TV tedesche, austriache, inglesi. Queste televisioni
coprono i vari festival non solo musicali, ma anche teatrali che ci
sono in Europa. Spettacoli moderni che portano lo spettatore nelle
realtà registiche, e interpretative attuali.
In un certo periodo dell'inizio anni 90, mi sono interessato di
commercializzare una parte del patrimonio operistico e concertistico
presente nell'immenso archivio RAI di via Salaria. .
Impresa impossibile ed esperienza allucinante. Per ragioni di
irreperibilità dei prodotti prima e per stupide, insensate leggi
d'autore intervenute nel frattempo, la RAI non ha mai potuto mettere
sul mercato opere importanti come la produzione di Abbado alla Scala
degli anni 70 (Macbeth, Simone), Forza del Destino di Patanè e tante
altre. Supporti rovinati dal tempo e dall'umidità oltre che dall'
incuria, presenti in ordine sparso non solo a Roma ma anche a Milano e
Napoli.
Il carrozzone di stato non ha saputo sfruttare il suo immenso archivio
quasi mai. Solo un gruppo privato milanese, la Hardy, riuscì a
riesumare la Forza del Destino del 1958 registrata a Napoli in diretta
con la Tebaldi, Corelli, Bastianini e Christoff (quando ahimè gia
circolava pirateggiata nel mercati esteri.)
Tutto questo non sarebbe accaduto se non ci fosse stata una
degenerazione amministrativa, tecnica e politica rispetto agli anni di
Grassi.
Reitero quindi la speranza che il fallimento del carrozzone intervenga
prima o poi. E' una speranza in più per avere una TV senza "reti
unificate", manovrata dall'impasto politico, dotata di canali di
spettacolo per tutti i gusti, gestiti con criteri commerciali e
tecnici da gente che di spettacolo ne capisca davvero. E spero
soprattutto che non ci si debba addolorare, come fa l'amico Simonetti,
per la scomparsa di una radio3, (una piccola cosa in fondo) ma
considerata (è vero) amaramente e tristemente l'unico faro rimasto di
cultura rimasto in mezzo ad una selva di canali fra terrestri e
satellitari, mangia quattrini, e capaci di produrre per lo più
squallidi quanto ovvi ed inutili programmi a spese dei contribuenti.
Seneca