lorenzo
2003-08-19 07:39:56 UTC
Nellopera diretta da Harnoncourt un grave errore di lettura musicale
e unambientazione contemporanea con costumi anni Settanta
Il peggior «Don Giovanni» della nostra vita
DAL NOSTRO INVIATO
SALISBURGO - Il Festival di Salisburgo nacque, per volontà e sforzo di
due intellettualucci da quattro soldi, Richard Strauss e Hugo von
Hofmannsthal, con un fine preciso: diventare il modello per tutto il
resto del mondo dellesecuzione musicale e dellallestimento scenico
delle Opere di Mozart, non solo quelle teatrali. A Salisburgo, il 14
agosto, ho assistito al peggior Don Giovanni della mia vita: della mia
vita, beninteso, sin qui, giacché di certo linseguimento al ribasso,
se è deliberato , non ha mai fine. Fine ha invece la civiltà europea,
e vale voltare al metafisico la celebre enunciazione fisica
aristotelica, «motus in fine velocior».
Il pernio dellargomento sta nella volontà da parte di chi il Festival
regge di offrirmi precisamente il peggior Don Giovanni possibile, che
con parziali modifiche nella versione attuale della regia ebbe il
battesimo un anno fa.
Non si tratta di ignoranza o di leggerezza. Il Direttore del Festival
è persona capace, come mostra liniziativa di dar vita, negli anni, al
ciclo completo del teatro musicale di Richard Strauss: a prescindere
dal regista, ché se penso alla profonda commozione mitica dell Amore
di Danae , la penultima Opera di Strauss, torno alla mia eterna
convinzione che i Tedeschi, creatori stessi del sommo patrimonio
musicale della civiltà, quando sono cretini lo sono in modo che non
soffre confronti.
La volontà , dunque. Non è necessario, per spiegarsela, ricorrere agli
sfondi storico-metafisici di Oswald Spengler o a profezie di Federico
Nietzsche. Alla fine di una civiltà, vi sarebbe qualcosa di grandioso
nel male ove tale volontà consistesse nel deturpare, nello schernire,
nel fare a brani uno dei fondamenti di tale civiltà, quale appunto
Mozart è. Spiriti alti sanno riconoscere leroismo atroce del Male
portato alle estreme conseguenze: e dunque se tale Male nascesse da
furia distruttiva per odio alla morente civiltà. Penso ancora a
Nietzsche: «E meglio volere il Nulla che non volere» . I motivi sono
invece pecuniarî e abbietti.
Si ritiene che solo la cosiddetta «provocazione» abbia il potere di
attirare il pubblico e indurlo a versare il pesante prezzo del
biglietto. Qui entra in giuoco il perverso circuito creato coi mezzi
di comunicazione di massa. Fra chi produce lo spettacolo e questi vige
un non scritto pactum sceleris: Mozart non ha nessuna importanza, da
fine è divenuto mero mezzo per la provocazione . Come si strizzano
compiaciuti gli occhi a vicenda! Qualunque giornale, salvo forse,
finché dura, il nostro, relegherebbe in poche righe la cronaca o la
critica del Don Giovanni pur se fosse ledizione più esemplare
dellintera Storia, se Mozart tornasse in vita e montasse sul podio.
Ma sulla provocazione ... pagine... fotografie... interviste...
interventi... repliche. La complicità dei mezzi di comunicazione crea
«eventi» che di per sé non esistono : e non esisterebbero se i
giornali ne tacessero.
Per la cronaca, il Don Giovanni del 14 di agosto vede sul podio N.
Harnoncourt: non dirò di stile, di lettura, di visione della
partitura, di fraseggio: basti la constatazione che definire
dilettantesco il gesto direttoriale di costui è eufemistico.
Nellesecuzione vi è un grave, ripetuto e deliberato errore di lettura
musicale dun passaggio orchestrale tra i fondamentali. Dei Recitativi
si fa così indegno strame che i muggiti onde si esplicano consentono
lomissione di parole e frasi senza che lentusiasta pubblico se ne
accorga. La regia è di un M. Kusej, i bozzetti di un M. Zehtgruber. La
vicenda si svolge in una sorta di atelier di plastica con luci da
sfilata di moda e abiti da «sociali» , come si definiscono gli ex
coatti delle periferie-lager; abiti non più distintivi della classe
sociale di appartenenza: così «up» non «to date» , «to the last
minute», da comportare lombelico scoperto, i pantaloni a zampa
delefante, quelli color prugna... Per inciso: il revival anni
Settanta, i peggiori della mia vita.
Duole giudicare la compagnia di canto potenzialmente ottima , a
differenza di tanti altri allestimenti salisburghesi; adattandosi
costei alle indicazioni del presunto direttore, la nominerò
indifferenziatamente visto il risultato effettuale : Th. Hampson, A.
Netrebka (donnAnna) Ch. Stehl (d. Ottavio), M. Diener (d. Elvira),
Ildebrando DArcangelo (Leporello), L. Pisaroni (Masetto), I.
Bayakdarian (Zerlina).
Per fortuna lentusiasmo è unanime, gli «utili idioti» che protestano
sono spariti. Concludo col ricordare che mai si dovrebbe fare
qualsiasi citazione a memoria. Giorni or sono, alla stregua di un
passo manzoniano, definii «sordida» la «canizie» di coloro che
applaudono alle esecuzioni di taluna musica di presunta «avanguardia»
. Un controllo del capo XIII dei Promessi sposi mi consente invece di
chiamar «vituperosa» quella delle persone detà plaudenti e felici al
Don Giovanni del 14 agosto e repliche.
Paolo Isotta
e unambientazione contemporanea con costumi anni Settanta
Il peggior «Don Giovanni» della nostra vita
DAL NOSTRO INVIATO
SALISBURGO - Il Festival di Salisburgo nacque, per volontà e sforzo di
due intellettualucci da quattro soldi, Richard Strauss e Hugo von
Hofmannsthal, con un fine preciso: diventare il modello per tutto il
resto del mondo dellesecuzione musicale e dellallestimento scenico
delle Opere di Mozart, non solo quelle teatrali. A Salisburgo, il 14
agosto, ho assistito al peggior Don Giovanni della mia vita: della mia
vita, beninteso, sin qui, giacché di certo linseguimento al ribasso,
se è deliberato , non ha mai fine. Fine ha invece la civiltà europea,
e vale voltare al metafisico la celebre enunciazione fisica
aristotelica, «motus in fine velocior».
Il pernio dellargomento sta nella volontà da parte di chi il Festival
regge di offrirmi precisamente il peggior Don Giovanni possibile, che
con parziali modifiche nella versione attuale della regia ebbe il
battesimo un anno fa.
Non si tratta di ignoranza o di leggerezza. Il Direttore del Festival
è persona capace, come mostra liniziativa di dar vita, negli anni, al
ciclo completo del teatro musicale di Richard Strauss: a prescindere
dal regista, ché se penso alla profonda commozione mitica dell Amore
di Danae , la penultima Opera di Strauss, torno alla mia eterna
convinzione che i Tedeschi, creatori stessi del sommo patrimonio
musicale della civiltà, quando sono cretini lo sono in modo che non
soffre confronti.
La volontà , dunque. Non è necessario, per spiegarsela, ricorrere agli
sfondi storico-metafisici di Oswald Spengler o a profezie di Federico
Nietzsche. Alla fine di una civiltà, vi sarebbe qualcosa di grandioso
nel male ove tale volontà consistesse nel deturpare, nello schernire,
nel fare a brani uno dei fondamenti di tale civiltà, quale appunto
Mozart è. Spiriti alti sanno riconoscere leroismo atroce del Male
portato alle estreme conseguenze: e dunque se tale Male nascesse da
furia distruttiva per odio alla morente civiltà. Penso ancora a
Nietzsche: «E meglio volere il Nulla che non volere» . I motivi sono
invece pecuniarî e abbietti.
Si ritiene che solo la cosiddetta «provocazione» abbia il potere di
attirare il pubblico e indurlo a versare il pesante prezzo del
biglietto. Qui entra in giuoco il perverso circuito creato coi mezzi
di comunicazione di massa. Fra chi produce lo spettacolo e questi vige
un non scritto pactum sceleris: Mozart non ha nessuna importanza, da
fine è divenuto mero mezzo per la provocazione . Come si strizzano
compiaciuti gli occhi a vicenda! Qualunque giornale, salvo forse,
finché dura, il nostro, relegherebbe in poche righe la cronaca o la
critica del Don Giovanni pur se fosse ledizione più esemplare
dellintera Storia, se Mozart tornasse in vita e montasse sul podio.
Ma sulla provocazione ... pagine... fotografie... interviste...
interventi... repliche. La complicità dei mezzi di comunicazione crea
«eventi» che di per sé non esistono : e non esisterebbero se i
giornali ne tacessero.
Per la cronaca, il Don Giovanni del 14 di agosto vede sul podio N.
Harnoncourt: non dirò di stile, di lettura, di visione della
partitura, di fraseggio: basti la constatazione che definire
dilettantesco il gesto direttoriale di costui è eufemistico.
Nellesecuzione vi è un grave, ripetuto e deliberato errore di lettura
musicale dun passaggio orchestrale tra i fondamentali. Dei Recitativi
si fa così indegno strame che i muggiti onde si esplicano consentono
lomissione di parole e frasi senza che lentusiasta pubblico se ne
accorga. La regia è di un M. Kusej, i bozzetti di un M. Zehtgruber. La
vicenda si svolge in una sorta di atelier di plastica con luci da
sfilata di moda e abiti da «sociali» , come si definiscono gli ex
coatti delle periferie-lager; abiti non più distintivi della classe
sociale di appartenenza: così «up» non «to date» , «to the last
minute», da comportare lombelico scoperto, i pantaloni a zampa
delefante, quelli color prugna... Per inciso: il revival anni
Settanta, i peggiori della mia vita.
Duole giudicare la compagnia di canto potenzialmente ottima , a
differenza di tanti altri allestimenti salisburghesi; adattandosi
costei alle indicazioni del presunto direttore, la nominerò
indifferenziatamente visto il risultato effettuale : Th. Hampson, A.
Netrebka (donnAnna) Ch. Stehl (d. Ottavio), M. Diener (d. Elvira),
Ildebrando DArcangelo (Leporello), L. Pisaroni (Masetto), I.
Bayakdarian (Zerlina).
Per fortuna lentusiasmo è unanime, gli «utili idioti» che protestano
sono spariti. Concludo col ricordare che mai si dovrebbe fare
qualsiasi citazione a memoria. Giorni or sono, alla stregua di un
passo manzoniano, definii «sordida» la «canizie» di coloro che
applaudono alle esecuzioni di taluna musica di presunta «avanguardia»
. Un controllo del capo XIII dei Promessi sposi mi consente invece di
chiamar «vituperosa» quella delle persone detà plaudenti e felici al
Don Giovanni del 14 agosto e repliche.
Paolo Isotta