Rodolfo Canaletti
2003-09-15 13:00:22 UTC
Lungo la mia lenta, ma costante (e cocciuta) strada alla ricerca di
Handel, mi sono imbattuto nell'Ariodante. Ne possiedo due esecuzioni:
una diretta da Minkowski, live da Palais Garnier con Les musiciens, e
una diretta da Bolton al Coliseum di Londra con l'orchestra dell'ENO, in
video (rifacimento in studio, tuttavia),.
A differenza di altre sue opere che ho ascoltato, questa, pur essendo
anch'essa molto lunga (sono quasi tre ore di musica), non mi ha lasciato
quel senso di noia che di solito lamentavo.
Forse sta maturando dentro di me una migliore comprensione del Sassone?
Non lo posso ancora dire, tuttavia posso provare ad analizzare gli
aspetti che in questa opera mi sono parsi piu' interessanti.
Come e' noto l'opera racconta un episodio tratto dall'Orlando Furioso,
quello descritto dall'Ariosto nel Quinto Canto: l'inganno che Polinesso,
il duca d'Albania, trama ai danni di Ariodante, per fargli credere che
la sua innamorata Ginevra, figlia del re di Scozia, lo tradisca.
In primo luogo la drammaturgia.
L'opera ha recitativi molto brevi, e quindi le arie (e la loro
espressione) non appaiono come interruzione dell'azione sviluppata nei
recitativi, ma seguono e si identificano con essa in modo pressoche'
continuo.
Una cosa da sottolineare e' che nell'opera gli eventi, i fatti non
avvengono al di fuori e quindi narrati, ma avvengono sulla scena: la
seduzione di Dalinda da parte di Polinesso, la preparazione
dell'inganno, la sua messa in atto, il tentato assassinio di Dalinda e
la sua liberazione da parte di Ariodante, il duello fra Lurcanio e
Polinesso con l'uccisione di quest'ultimo, il ritorno di Ariodante.
Drammaturgiamente e' interessante osservare il diverso ruolo svolto dai
tre atti.
Il primo atto ha una tinta luminosa, solare. Vi prevale l'espressione
dei sentimenti amorosi, la speranza della loro soddisfazione; le arie
hanno un tono di felicita'. A questo fa da contraltare la oscura
preparazione dell'inganno.
Il secondo atto e' notturno, l'atto in cui l'inganno riuscito provoca
nei personaggi positivi (Ariodante, il Re, Ginevra) profondo dolore, e
cui fa da contraltare la ingenua gioia di Dalinda che crede di avere
conquistato il cuore di Polinesso, e la gioia feroce di quest'ultimo,
che vede liberarsi la strada delle proprie ambizioni.
Il terzo e' l'atto conclusivo in cui tutti i sentimenti maturati nel
primo e nel secondo, attraverso il conflitto inevitabile, trovano la
loro conclusione nel lieto fine.
In questo modo la scansione formale degli eventi riesce a provocare
nell'ascoltatore un senso di tensione e di aspettativa.
La musica.
L'unita' portante dell'opera e' sempre l'aria con il da capo,
inframmezzata da recitativi secchi. Come si e' detto questi ultimi sono
in genere piuttosto brevi. Le arie hanno lunghezza e colore diverso, con
notevole varieta' e buona coerenza con gli eventi in corso. Le arie
virtuosistiche non sono molte. Due sono dedica ad Ariodante: una nel
primo atto che esprime la gioia per l'imminente matrimonio, l'altra nel
terzo dopo che egli ha scoperto l'inganno in cui e caduto, e la fedelta'
di Ginevra. Le altre sono piu' o meno distribuite fra i vari personaggi.
Assieme alle arie, in quest'opera c'e' una certa abbondanza di altre
forme: vi sono quattro duetti, due importanti interventi del coro,
alcuni ariosi, due cavatine, un recitativo accompagnato, alcune sinfonie
e diversi balletti. Tutto questo da' varieta', vivacita' e continuita'
all'opera.
Secondo il mio gusto, trovo che le arie del secondo atto siano fra le
piu' belle. Il dolore di Ariodante alla scoperta del supposto tradimento
e' espresso da un'aria lunga e bellissima "Scherza infida", cui la
strumentazione, dominata dal cantabile intervento del fagotto,
attribuisce un pathos del tutto particolare. Questa e' preceduta da
un'altra aria, "Tu, preparati a morire" in cui vi e' una netta
contrapposizione di umore fra le parti A e la parte B, "Se la bella m'ha
ingannato", la quale esprime, in contrasto con il tono di minaccia della
sezione A, un dolore che risuonera' in tutta la sua ampiezza in "Scherza
infida". Episodio molto bello, per me forse il piu' bello di tutta
l'opera.
Anche altre arie del secondo atto mi sono sembrate particolarmente
belle. Le due arie di Ginevra: la prima "Mi palpita il core", nella
quale la principessa non sa ancora ma sospetta qualche cosa, e' breve e
con un ritmo staccato, esitante; l'altra, "Il mio crudel martoro", che
segue il grande recitativo accompagnato, e' piu' estesa e delirante, e
portera' poi alla sequenza dei balletti del sogno. L'aria di trionfo di
Polinesso "Se l'inganno sortisce felice" e' pure molto bella, feroce nel
suo tono, ricca di vocalizzi discendenti che ne accentuano il contrasto
con le arie di dolore che dominano nell'atto. E poi l'aria di Dalinda
"Se tanto piace al cor", che spera di aver conquistato il cuore di
Polinesso, e' composta su un ritmo cullante, quasi di barcarola.
Anche nel terzo atto vi sono episodi molto belli, come l'Aria di addio
del Re alla figlia, "Al sen ti stringo e parto", alla quale la
strumentazione dominata dai flauti da' un sapore struggente, subito dopo
la bella aria di addio di Ginevra. In quest'atto vi sono due duetti,
entrambi molto belli: il duetto fra Lurcanio e Dalinda, e il duetto
finale Ariodante-Ginevra che si conclude con un lungo intervento del
coro e con i relativi balletti. Pure molto bella ho trovato l'aria
virtuosistica di Ariodante "Dopo notte atra e funesta" nella quale i
vocalizzi ben richiamano il ricordo delle traversie trascorse.
Meno calzante, direi piu' tradizionale mi e' perso il primo atto, nel
quale l'episodio che piu' mi ha interessato e' il duetto "interrotto"
fra Ariodante e Ginevra. Questa interruzione avviene un po' di sorpresa
e da' un sapore quasi di anticipazione agli eventi che seguiranno.
Probabilmente, per l'epoca, questa deve essere stata una soluzione da
considerarsi "audace".
Molte altre cose si potrebbero dire, ma credo che sia necessario
spendere qualche parola sulle esecuzioni.
Minkowski. Molto bella. Pur senza la parte visiva, da' con molta
chiarezza il contenuto drammaturgico dell'opera, con una interpretazione
asciutta, essenziale, direi.
Il video nell'esecuzione di Bolton e' diretto da David Alden, lo stesso
che ha curato la regia del Rinaldo, di cui tempo fa ho scritto su questo
NG.
A differenza del Rinaldo, qui la regia, pur essendo non convenzionale,
non e' dissacrante. Al contrario tende a valorizzare l'erompere dei
sentimenti, e soprattutto la drammaturgia dell'assieme.
La scena e' costituita da un ambiente chiuso (non manca un senso
claustrofobico, che la vicenda sembra richiamare), variamente, ma
sobriamente, direi simbolicamente arredato a seconda del luogo (palazzo
del re, giardino davanti agli appartamenti di Ginevra, prigione, bosco,
etc). Sul fondo si apre una grande finestra, o apertura attraverso la
quale volta volta si vedono panorami di varia natura (montagne in un
chiaro giorno, o paesaggi notturni dominati dalla luna, o una parete di
mattoni crudi quando si tratta della prigione, etc.), dalla quale
entrano personaggi e soprattutto il coro e i danzatori nei balletti.
Nel primo atto prevalgono le scene luminose della scoperta dell'amore,
contrastate tuttavia dalle scene oscure in cui Polinesso e Dalinda
tramano il complotto. Nel secondo atto prevalgono gli ambienti scuri,
notturni, nei quali il dolore trova espressione. Nel terzo atto
prevalgono gli aspetti violenti: nella prima scena, quella nella quale
Ariodante si salva dal mare, e Dalinda viene da lui salvata dalle
grinfie dei due sicari, domina il campo un gigantesco tritacarne dal
quale i due personaggi fuoriescono a salvamento. La scena del duello e'
illuminata dalle luccicanti armature dei contendenti. La prigionia di
Ginevra e' truce, la principessa viene legata ad un palo orizzontale,
con pesanti e vistose corde, quasi come una selvaggina.
In questa impostazione generale vi sono richiami simbolici molto
eloquenti. Le scene che hanno a che fare con il tranello sono scure e
dietro i personaggi (soprattutto Polinesso e Dalinda) compare un effetto
a specchio, per cui i personaggi raddoppiano.
Altra caratteristica della regia e' la forte tensione erotica che viene
portata alla luce nel rapporto Polinesso Dalinda. Polinesso in questa
esecuzione e' un contraltista, Christopher Robson, che pur col timbro
non gradevole dei falsettisti, canta e recita molto bene, esprimendo il
carattere erotico-violento del personaggio sia con il canto, sia con le
movenze corporee e le espressioni del viso. Non da meno e' la sua
partner Dalinda, il soprano Lesley Garrett, soprattutto nel primo e nel
secondo atto. Erotismo che viene esaltato ancor piu' nella prima scena
di Dalinda con Lurcanio, nella quale sovrasta l'ombra di Polinesso verso
il quale sono chiaramente indirizzate le movenze erotiche della donna.
Erotismo domina anche il sonno di Ginevra alla fine del secondo atto,
nel balletto che descrive il sogno di quest'ultima.
Meno convincente mi e' parso invece Ariodante, interpretato da Ann
Murray. Il personaggio descritto da Handel e' certamente un personaggio
debole, che non ha nulla di eroico, certo. Ma l'interpretazione della
Murray ne fa emergere eccessivamente il lato femminile, sia nelle
movenze, sia nel canto. I personaggi del Re (Gwynne Howell) e di Ginevra
(Joan Rodgers) rispettano in modo abbastanza fedele le didascalie.
In una vicenda che praticamente si colloca al di fuori del tempo
(dovrebbe essere medioevale, ai tempi di Carlo Magno) i costumi sono
quanto mai fantasiosi. A volte sono strettamente medioevali, come le
armature dei duellanti, a volte simulano gli abiti settecenteschi, ma
anche cinquecenteschi o seicenteschi, o anche ottocenteschi; altre volte
non offrono alcun riferimento temporale. Il tutto per dare
un'impressione di un ambientazione storica, ma temporalmente non
definita.
Ai balletti e' riservata la parte piu' grottesca e ironica: personaggi
che sembrano richiamare la commedia dell'arte, ma in abiti piu'
macilenti, fantasiosi, e con movenze bizzarre, e spesso con un
ammiccamento erotico.
Il confronto con l'esecuzione diretta da Minkowski ovviamente non e'
possibile. Questa e' un'esecuzione registrata dal vivo per radio (quindi
senza la parte visuale). Quella e' una realizzazione in studio derivata
dalla rappresentazione al Coliseum di Londra.
Quello che si puo' rimarcare sono le scelte dei cantanti: Minkowski
utilizza, nei ruoli opportuni, solo cantanti di sesso femminile en
travesti (Ariodante e' la von Otter, Polinesso Patricia Petibon), mentre
Bolton, come si e' visto, nella parte di Polinesso utilizza un
contraltista (da notare che nella prima rappresentazione nel 1735 a
Londra Handel aveva affidato questo ruolo ad una donna, mentre il ruolo
di Ariodante era ricoperto da un castrato, Giovanni Carestini).
Altri interpreti utilizzati da Minkowski sono Laura Claycomb come
Ginevra, Silvia Tro Santafe' come Dalinda, Kristinn Sigmundson come Re.
Come conclusione devo ammettere che questa opera di Handel ha attirato
il mio interesse piu' della altre che finora ho conosciuto. E se faccio
una rapidissima carrellata storica, devo dire che nel lungo itinerario
che separa l'Agrippina dall'Ariodante, attraverso il Giulio Cesare, mi
sembra che l'attenzione di Handel per l'espressione drammaturgica sia
nettamente cresciuta, offrendo nel 1735 un lavoro ricco di implicazioni
interessanti.
Saluti a tutti
Rudy
Handel, mi sono imbattuto nell'Ariodante. Ne possiedo due esecuzioni:
una diretta da Minkowski, live da Palais Garnier con Les musiciens, e
una diretta da Bolton al Coliseum di Londra con l'orchestra dell'ENO, in
video (rifacimento in studio, tuttavia),.
A differenza di altre sue opere che ho ascoltato, questa, pur essendo
anch'essa molto lunga (sono quasi tre ore di musica), non mi ha lasciato
quel senso di noia che di solito lamentavo.
Forse sta maturando dentro di me una migliore comprensione del Sassone?
Non lo posso ancora dire, tuttavia posso provare ad analizzare gli
aspetti che in questa opera mi sono parsi piu' interessanti.
Come e' noto l'opera racconta un episodio tratto dall'Orlando Furioso,
quello descritto dall'Ariosto nel Quinto Canto: l'inganno che Polinesso,
il duca d'Albania, trama ai danni di Ariodante, per fargli credere che
la sua innamorata Ginevra, figlia del re di Scozia, lo tradisca.
In primo luogo la drammaturgia.
L'opera ha recitativi molto brevi, e quindi le arie (e la loro
espressione) non appaiono come interruzione dell'azione sviluppata nei
recitativi, ma seguono e si identificano con essa in modo pressoche'
continuo.
Una cosa da sottolineare e' che nell'opera gli eventi, i fatti non
avvengono al di fuori e quindi narrati, ma avvengono sulla scena: la
seduzione di Dalinda da parte di Polinesso, la preparazione
dell'inganno, la sua messa in atto, il tentato assassinio di Dalinda e
la sua liberazione da parte di Ariodante, il duello fra Lurcanio e
Polinesso con l'uccisione di quest'ultimo, il ritorno di Ariodante.
Drammaturgiamente e' interessante osservare il diverso ruolo svolto dai
tre atti.
Il primo atto ha una tinta luminosa, solare. Vi prevale l'espressione
dei sentimenti amorosi, la speranza della loro soddisfazione; le arie
hanno un tono di felicita'. A questo fa da contraltare la oscura
preparazione dell'inganno.
Il secondo atto e' notturno, l'atto in cui l'inganno riuscito provoca
nei personaggi positivi (Ariodante, il Re, Ginevra) profondo dolore, e
cui fa da contraltare la ingenua gioia di Dalinda che crede di avere
conquistato il cuore di Polinesso, e la gioia feroce di quest'ultimo,
che vede liberarsi la strada delle proprie ambizioni.
Il terzo e' l'atto conclusivo in cui tutti i sentimenti maturati nel
primo e nel secondo, attraverso il conflitto inevitabile, trovano la
loro conclusione nel lieto fine.
In questo modo la scansione formale degli eventi riesce a provocare
nell'ascoltatore un senso di tensione e di aspettativa.
La musica.
L'unita' portante dell'opera e' sempre l'aria con il da capo,
inframmezzata da recitativi secchi. Come si e' detto questi ultimi sono
in genere piuttosto brevi. Le arie hanno lunghezza e colore diverso, con
notevole varieta' e buona coerenza con gli eventi in corso. Le arie
virtuosistiche non sono molte. Due sono dedica ad Ariodante: una nel
primo atto che esprime la gioia per l'imminente matrimonio, l'altra nel
terzo dopo che egli ha scoperto l'inganno in cui e caduto, e la fedelta'
di Ginevra. Le altre sono piu' o meno distribuite fra i vari personaggi.
Assieme alle arie, in quest'opera c'e' una certa abbondanza di altre
forme: vi sono quattro duetti, due importanti interventi del coro,
alcuni ariosi, due cavatine, un recitativo accompagnato, alcune sinfonie
e diversi balletti. Tutto questo da' varieta', vivacita' e continuita'
all'opera.
Secondo il mio gusto, trovo che le arie del secondo atto siano fra le
piu' belle. Il dolore di Ariodante alla scoperta del supposto tradimento
e' espresso da un'aria lunga e bellissima "Scherza infida", cui la
strumentazione, dominata dal cantabile intervento del fagotto,
attribuisce un pathos del tutto particolare. Questa e' preceduta da
un'altra aria, "Tu, preparati a morire" in cui vi e' una netta
contrapposizione di umore fra le parti A e la parte B, "Se la bella m'ha
ingannato", la quale esprime, in contrasto con il tono di minaccia della
sezione A, un dolore che risuonera' in tutta la sua ampiezza in "Scherza
infida". Episodio molto bello, per me forse il piu' bello di tutta
l'opera.
Anche altre arie del secondo atto mi sono sembrate particolarmente
belle. Le due arie di Ginevra: la prima "Mi palpita il core", nella
quale la principessa non sa ancora ma sospetta qualche cosa, e' breve e
con un ritmo staccato, esitante; l'altra, "Il mio crudel martoro", che
segue il grande recitativo accompagnato, e' piu' estesa e delirante, e
portera' poi alla sequenza dei balletti del sogno. L'aria di trionfo di
Polinesso "Se l'inganno sortisce felice" e' pure molto bella, feroce nel
suo tono, ricca di vocalizzi discendenti che ne accentuano il contrasto
con le arie di dolore che dominano nell'atto. E poi l'aria di Dalinda
"Se tanto piace al cor", che spera di aver conquistato il cuore di
Polinesso, e' composta su un ritmo cullante, quasi di barcarola.
Anche nel terzo atto vi sono episodi molto belli, come l'Aria di addio
del Re alla figlia, "Al sen ti stringo e parto", alla quale la
strumentazione dominata dai flauti da' un sapore struggente, subito dopo
la bella aria di addio di Ginevra. In quest'atto vi sono due duetti,
entrambi molto belli: il duetto fra Lurcanio e Dalinda, e il duetto
finale Ariodante-Ginevra che si conclude con un lungo intervento del
coro e con i relativi balletti. Pure molto bella ho trovato l'aria
virtuosistica di Ariodante "Dopo notte atra e funesta" nella quale i
vocalizzi ben richiamano il ricordo delle traversie trascorse.
Meno calzante, direi piu' tradizionale mi e' perso il primo atto, nel
quale l'episodio che piu' mi ha interessato e' il duetto "interrotto"
fra Ariodante e Ginevra. Questa interruzione avviene un po' di sorpresa
e da' un sapore quasi di anticipazione agli eventi che seguiranno.
Probabilmente, per l'epoca, questa deve essere stata una soluzione da
considerarsi "audace".
Molte altre cose si potrebbero dire, ma credo che sia necessario
spendere qualche parola sulle esecuzioni.
Minkowski. Molto bella. Pur senza la parte visiva, da' con molta
chiarezza il contenuto drammaturgico dell'opera, con una interpretazione
asciutta, essenziale, direi.
Il video nell'esecuzione di Bolton e' diretto da David Alden, lo stesso
che ha curato la regia del Rinaldo, di cui tempo fa ho scritto su questo
NG.
A differenza del Rinaldo, qui la regia, pur essendo non convenzionale,
non e' dissacrante. Al contrario tende a valorizzare l'erompere dei
sentimenti, e soprattutto la drammaturgia dell'assieme.
La scena e' costituita da un ambiente chiuso (non manca un senso
claustrofobico, che la vicenda sembra richiamare), variamente, ma
sobriamente, direi simbolicamente arredato a seconda del luogo (palazzo
del re, giardino davanti agli appartamenti di Ginevra, prigione, bosco,
etc). Sul fondo si apre una grande finestra, o apertura attraverso la
quale volta volta si vedono panorami di varia natura (montagne in un
chiaro giorno, o paesaggi notturni dominati dalla luna, o una parete di
mattoni crudi quando si tratta della prigione, etc.), dalla quale
entrano personaggi e soprattutto il coro e i danzatori nei balletti.
Nel primo atto prevalgono le scene luminose della scoperta dell'amore,
contrastate tuttavia dalle scene oscure in cui Polinesso e Dalinda
tramano il complotto. Nel secondo atto prevalgono gli ambienti scuri,
notturni, nei quali il dolore trova espressione. Nel terzo atto
prevalgono gli aspetti violenti: nella prima scena, quella nella quale
Ariodante si salva dal mare, e Dalinda viene da lui salvata dalle
grinfie dei due sicari, domina il campo un gigantesco tritacarne dal
quale i due personaggi fuoriescono a salvamento. La scena del duello e'
illuminata dalle luccicanti armature dei contendenti. La prigionia di
Ginevra e' truce, la principessa viene legata ad un palo orizzontale,
con pesanti e vistose corde, quasi come una selvaggina.
In questa impostazione generale vi sono richiami simbolici molto
eloquenti. Le scene che hanno a che fare con il tranello sono scure e
dietro i personaggi (soprattutto Polinesso e Dalinda) compare un effetto
a specchio, per cui i personaggi raddoppiano.
Altra caratteristica della regia e' la forte tensione erotica che viene
portata alla luce nel rapporto Polinesso Dalinda. Polinesso in questa
esecuzione e' un contraltista, Christopher Robson, che pur col timbro
non gradevole dei falsettisti, canta e recita molto bene, esprimendo il
carattere erotico-violento del personaggio sia con il canto, sia con le
movenze corporee e le espressioni del viso. Non da meno e' la sua
partner Dalinda, il soprano Lesley Garrett, soprattutto nel primo e nel
secondo atto. Erotismo che viene esaltato ancor piu' nella prima scena
di Dalinda con Lurcanio, nella quale sovrasta l'ombra di Polinesso verso
il quale sono chiaramente indirizzate le movenze erotiche della donna.
Erotismo domina anche il sonno di Ginevra alla fine del secondo atto,
nel balletto che descrive il sogno di quest'ultima.
Meno convincente mi e' parso invece Ariodante, interpretato da Ann
Murray. Il personaggio descritto da Handel e' certamente un personaggio
debole, che non ha nulla di eroico, certo. Ma l'interpretazione della
Murray ne fa emergere eccessivamente il lato femminile, sia nelle
movenze, sia nel canto. I personaggi del Re (Gwynne Howell) e di Ginevra
(Joan Rodgers) rispettano in modo abbastanza fedele le didascalie.
In una vicenda che praticamente si colloca al di fuori del tempo
(dovrebbe essere medioevale, ai tempi di Carlo Magno) i costumi sono
quanto mai fantasiosi. A volte sono strettamente medioevali, come le
armature dei duellanti, a volte simulano gli abiti settecenteschi, ma
anche cinquecenteschi o seicenteschi, o anche ottocenteschi; altre volte
non offrono alcun riferimento temporale. Il tutto per dare
un'impressione di un ambientazione storica, ma temporalmente non
definita.
Ai balletti e' riservata la parte piu' grottesca e ironica: personaggi
che sembrano richiamare la commedia dell'arte, ma in abiti piu'
macilenti, fantasiosi, e con movenze bizzarre, e spesso con un
ammiccamento erotico.
Il confronto con l'esecuzione diretta da Minkowski ovviamente non e'
possibile. Questa e' un'esecuzione registrata dal vivo per radio (quindi
senza la parte visuale). Quella e' una realizzazione in studio derivata
dalla rappresentazione al Coliseum di Londra.
Quello che si puo' rimarcare sono le scelte dei cantanti: Minkowski
utilizza, nei ruoli opportuni, solo cantanti di sesso femminile en
travesti (Ariodante e' la von Otter, Polinesso Patricia Petibon), mentre
Bolton, come si e' visto, nella parte di Polinesso utilizza un
contraltista (da notare che nella prima rappresentazione nel 1735 a
Londra Handel aveva affidato questo ruolo ad una donna, mentre il ruolo
di Ariodante era ricoperto da un castrato, Giovanni Carestini).
Altri interpreti utilizzati da Minkowski sono Laura Claycomb come
Ginevra, Silvia Tro Santafe' come Dalinda, Kristinn Sigmundson come Re.
Come conclusione devo ammettere che questa opera di Handel ha attirato
il mio interesse piu' della altre che finora ho conosciuto. E se faccio
una rapidissima carrellata storica, devo dire che nel lungo itinerario
che separa l'Agrippina dall'Ariodante, attraverso il Giulio Cesare, mi
sembra che l'attenzione di Handel per l'espressione drammaturgica sia
nettamente cresciuta, offrendo nel 1735 un lavoro ricco di implicazioni
interessanti.
Saluti a tutti
Rudy