Pit - Pietro Lonati
2005-05-05 10:30:24 UTC
Ieri è venuto da me l'accordatore del pianoforte. E' un uomo giovane, ammira
molto Perahia (Dio lo perdoni) e ha lavorato per lui. Quando ha saputo che
avevo ascoltato Michelangeli dal vivo mi ha fatto un sacco di domande su
come fossero i suoi concerti. La migliore risposta per tutti coloro che si
pongono la stessa domanda, si trova in rete: è il filmato di un concerto
tenuto a Lugano da ABM nel 1981, programma LvB op. 26 e op. 22, Schubert
sonata in la min. op. post. e le quattro ballate di Brahms.
Si tratta di un video registrato dalla televisione della Svizzera Italiana,
che non mi risulta sia reperibile in alcun modo se non attraverso la rete.
(Io non l'ho mai visto in alcun negozio)
La registrazione è di qualità ottima e, per una volta, non mi ha indotto a
reclamare - come faccio quasi sempre con quelli (quasi tutti) che riprendono
il viso quando dovrebbero riprendere le mani - la pronta impiccagione del
regista, con una sola, ma basilare, eccezione: nell'esposizione del tema
dell'op. 26 vengono inquadrate le smorfie di Michelangeli proprio nel
momento in cui esegue quell'abbellimento di quarto e quinto dito che io non
so come risolvere. Un'altra virtù di questa ripresa è la sua assoluta
onestà: non ci sono correzioni, e sono rimasti al loro posto almeno tre
strafalcioni vistosi, che trattandosi di Michelangeli, hanno
dell'incredibile.
Nessun paragone possibile con le vecchie videoregistrazioni Rai, pubblicate
dalla Eri in videocassetta, qui il coinvolgimento nell'atmosfera del
concerto è totale, e le mani si vedono molto meglio. Le mani, segnate dal
tempo, sono tenute quasi piatte, le dita più distese di quanto non facesse
vent'anni prima, l'articolazione del dito tende a basarsi quasi solo sulla
prima falange, limitando al massimo quella delle altre. La posizione di ABM
alla tastiera, nonostante la schiena un po'curva, e il suo modo di suonare
sono, dal punto di vista visivo, quanto di più bello ed elegante io abbia
mai visto. Nessun pianista mi ha mai dato questa stessa impressione di
nobile compostezza e di naturalezza dei movimenti: in apparenza un manuale
vivente di come si dovrebbe suonare il pianoforte. Siamo agli antipodi
rispetto a pianisti come Horowitz, che appare quanto di più eterodosso si
possa immaginare, a parte le mani tenute quasi ugualmente piatte, o a
pianisti come Richter, che alla tastiera sembra un boscaiolo, o Barenboim,
che ha le mani tozze e le cui dita sembrano disossate come quelle di un
pupazzo di pezza, o di Pogorelich le cui mani, bellissime, sono talmente
grandi che mi fanno pensare a un adulto di due metri costretto in una
seggiolina per bambini. (Pogorelich suona le ottave con la mano nella stessa
posizione in cui io suono le quinte.)
Michelangeli utilizza con frequenza quell'attacco del tasto di cui parla
Debussy e di cui si è discusso recentemente sul ng: il dito viene tirato
verso il palmo della mano, con un movimento simile a quello che si fa
quando si gratta qualcosa. Ciò che mi ha sorpreso è che questo attacco viene
utilizzato anche per suonare degli accordi, mentre io sono abituato a
pensare l'accordo con un movimento della mano che assume una posizione quasi
statica e che preme i tasti con un movimento verso il basso, come quando ci
si appoggia a qualcosa: io uso questo movimento e l'ho visto usare da tutti
i pianisti di cui ho avuto modo di vedere le riprese video. Il movimento di
ABM, invece, appare molto più leggero ed elastico, simile, anche nel forte,
a quello che fanno i tennisti quando prima di servire fanno rimbalzare la
palla un paio di volte sul terreno. Mi riesce invece impossibile capire se
quell'attacco viene utilizzato per produrre un timbro particolare: come dice
Rattalino, normalmente il suono dell'oboe esce dall'oboe, quello del violino
dal violino e quello del trombone dal trombone, invece nel caso di
Michelangeli
i suoni del violino e dell'oboe e del trombone escono tutti dal trombone...
Un altro aspetto tecnico mi sembra interessante. In alcuni passaggi
Michelangeli suona con il pollice appoggiato sul bordo del pianoforte, sotto
la tastiera, e mi sembra che su quel pollice appoggi il peso del braccio.
Magari è un trucco noto a tutti i pianisti, ma Michelangeli è l'unico da me
visto da vicino che utilizza questa soluzione tecnica, e la cosa mi ha molto
colpito.
Le esecuzioni non le commento, ciascuno di coloro che avrà la pazienza di
scaricare il video si farà la propria idea, io qui potrei solo elencare
delle iperboli scontate. C'è però un aneddoto che questo video mi ha
richiamato alla mente.
Michelangeli si reca in uno studio di registrazione, credo a Londra, per
un'incisione. Si siede, suona, si alza e fa per andarsene. Il tecnico lo
ferma e gli spiega che è abitudine della casa discografica fare sempre
almeno due registrazioni dello stesso brano. Michelangeli, infastidito, si
risiede, risuona, si rialza e fa per riandarsene. Di nuovo il tecnico lo
ferma e gli chiede quale delle due registrazioni voglia scegliere per il
disco. E Michelangeli: "Faccia un po' lei, tanto sono identiche." e se ne
va. Il tecnico ascolta le registrazioni e con stupefatta meraviglia scopre
che le due registrazioni sono, effettivamente, identiche in ogni dettaglio.
Questo aneddoto non è fine a sé stesso. Una parte del programma di questo
video, Brahms e Schubert, è stata registrata in studio, più o meno nello
stesso periodo, e pubblicato in disco dalla DG. Chiunque conosca quel disco
può rendersi conto del fatto, per me strabiliante, che le esecuzioni sono
assolutamente identiche a quelle del concerto, con l'eccezione degli
svarioni, che sono lì a fugare il dubbio, non del tutto peregrino, che, con
un trucco di editing, al filmato dell'esecuzione sia stato sovrapposto il
sonoro del disco. Ovviamente c'è di mezzo anche la proverbiale onestà
dell'emittente televisiva svizzera, ma l'identità tra video e disco è
stupefacente, almeno quanto l'episodio riferito dall'aneddoto.
Mi sento di fare un'ultima considerazione. Nel suo libro sui piansti Piero
Rattalino spiega che per la sua generazione il problema è stato fare i conti
con il Cortot che avevano conosciuto da vicino, quello che in età avanzata
insisteva nel suonare in pubblico pezzi nei quali sbagliava talmente tanto
da renderne l'ascolto imbarazzante. Solo una volta superato quell'imbarazzo
è divenuto possibile valutare Cortot come interprete e riconoscerne la
grandezza e l'importanza nella storia dell'interpretazione. Io credo, anche
se Rattalino non lo dice, che la sua generazione abbia anche un altro
problema da superare: accettare l'idea che un tizio in carne e ossa, nato lì
vicino, che schiaccia nello stesso ordine gli stessi tasti bianchi e neri,
che è stato allievo degli stessi maestri, possa suonare il pianoforte in
quel modo. Credo anche che questo problema, Rattalino e la sua generazione
non l'abbiano ancora superato. Credo che questo spieghi perché dinanzi a un
uomo che suonava così si parli principalmente della ristrettezza del suo
orizzonte culturale e della ristrettezza del suo repertorio solistico. (Il
repertorio dei concerti per pianoforte e orchestra di Michelangeli era
invece molto vasto) Ciò che io ammiro in Michelangeli, oltre la perfezione,
oltre il virtuosismo, oltre il controllo assoluto dell'oggetto sonoro, è
soprattutto la formidabile testa pensante, a mio avviso quasi senza
paragoni, che stava dietro a tutto questo. La sua capacità di scovare nel
testo, e di organizzare e restituire, dettagli, soprattutto ritmici,
sistematicamente persi nelle esecuzioni degli altri, è il principale oggetto
della mia venerazione, ed è, sempre a mio avviso, la sua autentica cifra
artistica. Questo non è un parametro assoluto: ci sono casi in cui i
dettagli vengono benissimo se restano nascosti, come si può cogliere, per
esempio, in certe polemiche tra Toscanini e Furtwaengler, e questo anche nel
repertorio più amato da ABM, ma ciò non toglie uno iota alla mia gratitudine
per quello che per questa via mi ha permesso di scoprire.
Bye
Pit
molto Perahia (Dio lo perdoni) e ha lavorato per lui. Quando ha saputo che
avevo ascoltato Michelangeli dal vivo mi ha fatto un sacco di domande su
come fossero i suoi concerti. La migliore risposta per tutti coloro che si
pongono la stessa domanda, si trova in rete: è il filmato di un concerto
tenuto a Lugano da ABM nel 1981, programma LvB op. 26 e op. 22, Schubert
sonata in la min. op. post. e le quattro ballate di Brahms.
Si tratta di un video registrato dalla televisione della Svizzera Italiana,
che non mi risulta sia reperibile in alcun modo se non attraverso la rete.
(Io non l'ho mai visto in alcun negozio)
La registrazione è di qualità ottima e, per una volta, non mi ha indotto a
reclamare - come faccio quasi sempre con quelli (quasi tutti) che riprendono
il viso quando dovrebbero riprendere le mani - la pronta impiccagione del
regista, con una sola, ma basilare, eccezione: nell'esposizione del tema
dell'op. 26 vengono inquadrate le smorfie di Michelangeli proprio nel
momento in cui esegue quell'abbellimento di quarto e quinto dito che io non
so come risolvere. Un'altra virtù di questa ripresa è la sua assoluta
onestà: non ci sono correzioni, e sono rimasti al loro posto almeno tre
strafalcioni vistosi, che trattandosi di Michelangeli, hanno
dell'incredibile.
Nessun paragone possibile con le vecchie videoregistrazioni Rai, pubblicate
dalla Eri in videocassetta, qui il coinvolgimento nell'atmosfera del
concerto è totale, e le mani si vedono molto meglio. Le mani, segnate dal
tempo, sono tenute quasi piatte, le dita più distese di quanto non facesse
vent'anni prima, l'articolazione del dito tende a basarsi quasi solo sulla
prima falange, limitando al massimo quella delle altre. La posizione di ABM
alla tastiera, nonostante la schiena un po'curva, e il suo modo di suonare
sono, dal punto di vista visivo, quanto di più bello ed elegante io abbia
mai visto. Nessun pianista mi ha mai dato questa stessa impressione di
nobile compostezza e di naturalezza dei movimenti: in apparenza un manuale
vivente di come si dovrebbe suonare il pianoforte. Siamo agli antipodi
rispetto a pianisti come Horowitz, che appare quanto di più eterodosso si
possa immaginare, a parte le mani tenute quasi ugualmente piatte, o a
pianisti come Richter, che alla tastiera sembra un boscaiolo, o Barenboim,
che ha le mani tozze e le cui dita sembrano disossate come quelle di un
pupazzo di pezza, o di Pogorelich le cui mani, bellissime, sono talmente
grandi che mi fanno pensare a un adulto di due metri costretto in una
seggiolina per bambini. (Pogorelich suona le ottave con la mano nella stessa
posizione in cui io suono le quinte.)
Michelangeli utilizza con frequenza quell'attacco del tasto di cui parla
Debussy e di cui si è discusso recentemente sul ng: il dito viene tirato
verso il palmo della mano, con un movimento simile a quello che si fa
quando si gratta qualcosa. Ciò che mi ha sorpreso è che questo attacco viene
utilizzato anche per suonare degli accordi, mentre io sono abituato a
pensare l'accordo con un movimento della mano che assume una posizione quasi
statica e che preme i tasti con un movimento verso il basso, come quando ci
si appoggia a qualcosa: io uso questo movimento e l'ho visto usare da tutti
i pianisti di cui ho avuto modo di vedere le riprese video. Il movimento di
ABM, invece, appare molto più leggero ed elastico, simile, anche nel forte,
a quello che fanno i tennisti quando prima di servire fanno rimbalzare la
palla un paio di volte sul terreno. Mi riesce invece impossibile capire se
quell'attacco viene utilizzato per produrre un timbro particolare: come dice
Rattalino, normalmente il suono dell'oboe esce dall'oboe, quello del violino
dal violino e quello del trombone dal trombone, invece nel caso di
Michelangeli
i suoni del violino e dell'oboe e del trombone escono tutti dal trombone...
Un altro aspetto tecnico mi sembra interessante. In alcuni passaggi
Michelangeli suona con il pollice appoggiato sul bordo del pianoforte, sotto
la tastiera, e mi sembra che su quel pollice appoggi il peso del braccio.
Magari è un trucco noto a tutti i pianisti, ma Michelangeli è l'unico da me
visto da vicino che utilizza questa soluzione tecnica, e la cosa mi ha molto
colpito.
Le esecuzioni non le commento, ciascuno di coloro che avrà la pazienza di
scaricare il video si farà la propria idea, io qui potrei solo elencare
delle iperboli scontate. C'è però un aneddoto che questo video mi ha
richiamato alla mente.
Michelangeli si reca in uno studio di registrazione, credo a Londra, per
un'incisione. Si siede, suona, si alza e fa per andarsene. Il tecnico lo
ferma e gli spiega che è abitudine della casa discografica fare sempre
almeno due registrazioni dello stesso brano. Michelangeli, infastidito, si
risiede, risuona, si rialza e fa per riandarsene. Di nuovo il tecnico lo
ferma e gli chiede quale delle due registrazioni voglia scegliere per il
disco. E Michelangeli: "Faccia un po' lei, tanto sono identiche." e se ne
va. Il tecnico ascolta le registrazioni e con stupefatta meraviglia scopre
che le due registrazioni sono, effettivamente, identiche in ogni dettaglio.
Questo aneddoto non è fine a sé stesso. Una parte del programma di questo
video, Brahms e Schubert, è stata registrata in studio, più o meno nello
stesso periodo, e pubblicato in disco dalla DG. Chiunque conosca quel disco
può rendersi conto del fatto, per me strabiliante, che le esecuzioni sono
assolutamente identiche a quelle del concerto, con l'eccezione degli
svarioni, che sono lì a fugare il dubbio, non del tutto peregrino, che, con
un trucco di editing, al filmato dell'esecuzione sia stato sovrapposto il
sonoro del disco. Ovviamente c'è di mezzo anche la proverbiale onestà
dell'emittente televisiva svizzera, ma l'identità tra video e disco è
stupefacente, almeno quanto l'episodio riferito dall'aneddoto.
Mi sento di fare un'ultima considerazione. Nel suo libro sui piansti Piero
Rattalino spiega che per la sua generazione il problema è stato fare i conti
con il Cortot che avevano conosciuto da vicino, quello che in età avanzata
insisteva nel suonare in pubblico pezzi nei quali sbagliava talmente tanto
da renderne l'ascolto imbarazzante. Solo una volta superato quell'imbarazzo
è divenuto possibile valutare Cortot come interprete e riconoscerne la
grandezza e l'importanza nella storia dell'interpretazione. Io credo, anche
se Rattalino non lo dice, che la sua generazione abbia anche un altro
problema da superare: accettare l'idea che un tizio in carne e ossa, nato lì
vicino, che schiaccia nello stesso ordine gli stessi tasti bianchi e neri,
che è stato allievo degli stessi maestri, possa suonare il pianoforte in
quel modo. Credo anche che questo problema, Rattalino e la sua generazione
non l'abbiano ancora superato. Credo che questo spieghi perché dinanzi a un
uomo che suonava così si parli principalmente della ristrettezza del suo
orizzonte culturale e della ristrettezza del suo repertorio solistico. (Il
repertorio dei concerti per pianoforte e orchestra di Michelangeli era
invece molto vasto) Ciò che io ammiro in Michelangeli, oltre la perfezione,
oltre il virtuosismo, oltre il controllo assoluto dell'oggetto sonoro, è
soprattutto la formidabile testa pensante, a mio avviso quasi senza
paragoni, che stava dietro a tutto questo. La sua capacità di scovare nel
testo, e di organizzare e restituire, dettagli, soprattutto ritmici,
sistematicamente persi nelle esecuzioni degli altri, è il principale oggetto
della mia venerazione, ed è, sempre a mio avviso, la sua autentica cifra
artistica. Questo non è un parametro assoluto: ci sono casi in cui i
dettagli vengono benissimo se restano nascosti, come si può cogliere, per
esempio, in certe polemiche tra Toscanini e Furtwaengler, e questo anche nel
repertorio più amato da ABM, ma ciò non toglie uno iota alla mia gratitudine
per quello che per questa via mi ha permesso di scoprire.
Bye
Pit