Discussione:
Difficolta' concerti pf.
(troppo vecchio per rispondere)
novecento
2007-02-20 09:03:48 UTC
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Ciao,

leggevo che il conc n. 2 di Brahms è considerato tra i più difficili
per la parte pianistica (non pensavo, per quanto ne possa capire dal
semplice ascolto) assieme al n. 1 di Tchaikovski (questo invece non mi
stupisce).

Per pura curiosità, mi piacerebbe sapere quali sono i concerti più
difficili (Rachmaninov per esempio?), e che genere di difficolta'
presentano, sia per il pianista che per l'orchestra.

Grazie

Ciao

Radino
Carlo
2007-02-20 11:41:26 UTC
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Post by novecento
Ciao,
leggevo che il conc n. 2 di Brahms è considerato tra i più difficili
per la parte pianistica (non pensavo, per quanto ne possa capire dal
semplice ascolto) assieme al n. 1 di Tchaikovski (questo invece non mi
stupisce).
Per pura curiosità, mi piacerebbe sapere quali sono i concerti più
difficili (Rachmaninov per esempio?), e che genere di difficolta'
presentano, sia per il pianista che per l'orchestra.
Grazie
Ciao
Radino
Beh, su tutti metterei il concerto di Busoni, per lunghezza,
difficoltà, quantità di note e necessità di coordinamento con
un'orchestra, un coro. E poi è anche noiosello, magari il pianista si
diverte, ma il pubblico è facile che si annoi, per cui per tenerlo
vivo e presente occorre saper manipolare la materia in maniera
intelligente. Il che con materia così complicata e pesante è davvero
faticoso.
Poi i primi due di Bartok credo che siano altamente problematici per
il pianista, per il pianista e il direttore, per il direttore, per
l'orchestra. In particolare il primo.
Quelli di Rachmaninoff non sono poi così difficili, per uno con le
mani in ordine.
Backhaus trovava l'avvio del 4o di Beethoven una delle cose più
difficili mai scritte... pianista "nudo" esposto al pubblico con
un'apparentemente semplice esposizione di un apparentemente semplice
tema, nel centro della quale c'è incastonata una scaletta sussurrata,
difficilissima da realizzare a freddo e da misurare correttamente. Da
contraltare, l'attacco del secondo di Rachmaninoff la dice invece
lunga sull'attenzione all'esecutore riservata dal compositore: accordi
rapsodici per scaldare le mani e sentire la risposta della sala con
rischio tecnico nullo, e poi un bel due minuti di sciogli dita coperti
dal tema all'orchestra, durante i quali puoi fare un cimitero di note
sbagliate che nessuno se ne accorge, e alla fine il pianista si espone
con un tema lirico con le mani belle calde e la testa sul pezzo...
semplicemente ideale.
Richter aveva paura del concerto di Schoenberg, per cui aggiungerei
quello alla lista. E aggiungerei quello di Henselt, che piaceva tanto
a Busoni.
E poi aggiungerei tutti quelli nei quali i grandi Maestri hanno
fissato dei benchmark altissimi: il quinto di Beethoven, il concerto
di Schumann, gli ultimi di Mozart, ecc. ecc.
Il concerto per pianoforte e orchestra è anche un genere molto (ma
molto) frequentato nella musica del dopoguerra, ed anche in quel
repertorio cose molto problematiche ci sono.
Ciao
C
Danny Rose
2007-02-20 13:11:22 UTC
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Post by Carlo
Richter aveva paura del concerto di Schoenberg, per cui aggiungerei
quello alla lista.
Questa è una notizia interessante.
Post by Carlo
gli ultimi di Mozart, ecc. ecc.
Davvero?

dR
davidino
2007-02-20 15:27:06 UTC
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Post by Carlo
Beh, su tutti metterei il concerto di Busoni,
-cut-

quoto proprio tutto! mi permetto di aggiungere: anche con le mano a
posto il terzo di rachmaninov è un bello scoglio. malgrado sia
certamente molto pianistico resta ostico.
poi, forse per dimanticanza, non hai detto nulla di brahms. dei
concerti di repertorio - escludendo dunque busoni, schoenberg, e tutti
i vari biedermeier - sono, con rach 3, 1 e 2 di bartok, 2 di
prokofiev, e (per me) il 4 di beethoven, i concerti pianisticamente
più complessi. Entrambi.

d
Carlo
2007-02-20 20:51:14 UTC
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Post by davidino
Post by Carlo
Beh, su tutti metterei il concerto di Busoni,
-cut-
quoto proprio tutto! mi permetto di aggiungere: anche con le mano a
posto il terzo di rachmaninov è un bello scoglio. malgrado sia
certamente molto pianistico resta ostico.
poi, forse per dimanticanza, non hai detto nulla di brahms. dei
concerti di repertorio - escludendo dunque busoni, schoenberg, e tutti
i vari biedermeier - sono, con rach 3, 1 e 2 di bartok, 2 di
prokofiev, e (per me) il 4 di beethoven, i concerti pianisticamente
più complessi. Entrambi.
d
Quoto proprio tutto anche io
Aggiungerei che Rachmaninoff secondo me il terzo si è divertito più a
scriverlo che poi a suonarlo, anche se alla sua creazione con Mahler
avrei voluto esserci.
Il secondo di Prokofiev è impressionante, sì.
Il quarto di Beethoven secondo me non è difficile suonarlo bene, è
però facilissimo suonarlo male. Lupu e Mehta (per la sottigliezza
delle trame e la leggerezza dell'eloquio) e Backhaus Krauss (per il
meraviglioso senso di gioco e divertimento) direi che ce ne danno le
chiavi di lettura più azzeccate, secondo me, e devo dire che in
entrambi i casi si tratta di due riuscite pianistiche (ed orchestrali)
difficilmente imitabili.
Ciao
C
kink64
2007-02-20 22:12:25 UTC
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Post by Carlo
Quoto proprio tutto anche io
da ascoltatore aggiungo che pure l'"Emerson Piano concerto" di Ives mi
pare bello tosto.

s
davidino
2007-02-20 22:19:15 UTC
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Post by Carlo
Il quarto di Beethoven secondo me non è difficile suonarlo bene, è
però facilissimo suonarlo male. Lupu e Mehta (per la sottigliezza
delle trame e la leggerezza dell'eloquio) e Backhaus Krauss (per il
meraviglioso senso di gioco e divertimento) direi che ce ne danno le
chiavi di lettura più azzeccate, secondo me, e devo dire che in
entrambi i casi si tratta di due riuscite pianistiche (ed orchestrali)
difficilmente imitabili.
Ah, se posso permettermi... Recupera Clara Haskil diretta da Carlo
Zecchi... Una roba pazzesca. Entrambi.

d
Magno
2007-02-21 10:02:39 UTC
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Di quali difficoltà parliamo?

Difficoltà nel senso che ci sono passaggi complicati dovuti ad una diversa
dinamica sulle mani, ad un diverso colore, alla loro indipendenza o
difficoltà dovute a velocità di esecuzione o ancora dovute a passaggi
difficili fra orchestra e solista?
Sarebbe interessante per me differenziare le difficoltà, se avete tempo oh
prodi pianisti del NG...:-)
--
Byez!
Magno
Carlo
2007-02-21 15:12:07 UTC
Permalink
Post by Magno
Di quali difficoltà parliamo?
Difficoltà nel senso che ci sono passaggi complicati dovuti ad una diversa
dinamica sulle mani, ad un diverso colore, alla loro indipendenza o
difficoltà dovute a velocità di esecuzione o ancora dovute a passaggi
difficili fra orchestra e solista?
Sarebbe interessante per me differenziare le difficoltà, se avete tempo oh
prodi pianisti del NG...:-)
--
Byez!
Magno
Allora, non sono io il più titolato ma ci provo.
Si parla di difficoltà meccaniche/tecniche, e possono venire in mente
i lanci a braccia larghe (quelli che non puoi tener sotto controllo
con la vista, con la m.s. che va a sinistra e la m.d che va a destra,
a meno di non essere strabico) che richiede Brahms nel primo tempo del
secondo concerto: la diffcoltà è innanzitutto puramente meccanica, e
cioè di movimento. Mettere il dito giusto al posto giusto. E in quel
passaggio è già molto difficile, ma c'è di più.
Quella difficoltà "meccanica" diventa poi "tecnica" nel momento in cui
devi fare il modo che il suono prodotto dallo strumento abbia una sua
collocazione logica nel contesto del discorso, e quindi alla già alta
difficoltà pura legata al movimento esasperato devi aggiungere il
fatto che quel movimento non solo devi farlo in modo da incotrare i
tasti giusti, ma anche in modo da incontrarli nel modo giusto,
azionarli nel modo giusto e rilasciarli nel modo giusto: in quel caso
Brahms richiede che ci sia un sospiro volante, basato su una
combinazione ritmica molto frammentata e su una disposizione della
tessitura delle due mani molto disomogenea (partono vicine e si
allontanano simmetricamente), il quale sospiro si deve gonfiare via
via cambiando sia nel timbro sia nella dinamica sino ad arrivare ad
uno spianato episodio ondeggiante (passatemi l'ossimoro) basato su
continui contrasti di registro (alto-basso), nel quale in più c'è
qualche strumentino asmatico al quale devi dare retta e che devi stare
attento a non schiacciare. E a questo punto la difficoltà che prima
era solo "meccanica" (i salti), e che poi è diventata "tecnica" (il
suono ed il fraseggio), ora diventa anche "di concertazione", nel
senso che anche il direttore deve metterci del suo e capire che tipo
di equilibrio instaurare fra un pianista, un pianoforte da 5 quintali,
un flauto da 3 etti ed un flautista. Detto che quel passaggio non è
tra i più difficili del secondo concerto è detto tutto.
Il primo concerto di Bartok è forse altrettanto difficile per il
pianista quanto lo è per il direttore, il quale nel primo movimento si
trova a dirigere un'orchestra senza i suoi più fidi alleati, cioè
senza gli archi, e che quindi deve costruire delle sonorità che
accompagnino un pianoforte senza potersi affidare al suo battaglione
preferito e duttile, ed anche più familiare al pubblico. Il pianista
in quella partitura ha già tanto da preoccuparsi, che non è il caso
che il direttore chieda troppa collaborazione. Quando la ottiene è un
caso fortunato, e vuol dire che i due sono chiaramente due amici,
possibilmente coetanei e conterranei, ma soprattutto ambedue
corazzatissimi musicisti, tipo Pollini e Abbado o Anda e Fricsay o
Donohoe e Rattle. Se il direttore ha il suo bel da fare, il pianista
si trova di fronte a difficoltà "meccaniche" che stavolta sfociano in
una tecnica nuova che spinge a trasformare l'atteggiamento sonoro
dell'esecutore lungo percorsi molto scabrosi, nei quali il pianoforte
deve essere portato alle sue estreme possibilità timbriche, le quali
stanno alla base della famosa componente "percussiva" della poetica
bartokiana. Siamo in questo caso di fronte allora ad un nuovo tipo di
difficoltà e cioè quel tipo di difficoltà che si manifesta nel momento
in cui devi "disimparare ciò che hai imparato", il legato tanto caro a
Schumann (tanto per dire) o il "jeux perlè" utile in Mendelssohn
(tanto per dire) o la sonorità polifonica che fa comodo in Bach (tanto
per dire), cose che son costate tutte anni e anni di apprendimento, te
le devi lasciare tutte alle spalle, reinventarle nella migliore delle
ipotesi o addirittura iniziare a picchiare (senza pestare?) sui tasti
come non hai mai fatto prima e come nessuno ti ha mai insegnato.
Un altro tipo di difficoltà è quella "di memoria", direi: il concerto
di Busoni dura una vita, è molto spesso un pantano di catrame e suoni
più note in quello che in tutti e 5 quelli di Beethoven (e sempre con
minor gloria...). Se quindi vien meno la motivazione sportiva, c'è e
concreto il rischio che a metà del terzo, e penultimo, movimento, che,
oltre a durare quando un tempo lungo di una sinfonia maleriana, è a
sua volta diviso in più parti, ti trovi a pensare quanto staresti bene
su una spiaggia assoltata con una Pina colada in mano... e col
pianista muto in panne di memoria il concerto diverrebbe, ancor di più
di quanto non sia già, una estenuante sinfonia concertante. Il che
sarebbe proprio un contrappasso eccessivo per la buonanima di Busoni.
Ultimo tipo di difficoltà direi che sono quelle "di pubblico": c'è
sempre fra le fila qualcuno che quando ti ascolta dice "Ah, ma Serkin
in quel secondo movimento era tutta un'altra cosa" (potrebbe essere il
foyer di un teatro dopo l'esecuzione dei concerti di Mendelssohn), per
cui la difficoltà in questo caso potrebbe dirsi anche "di repertorio".
Si parla forse di "interpretazione" più che di "tecnica", però è
chiaro che esistono quei concerti nei quali, pur non essendo difficili
tecnicamente, la riuscita interpretativa passa attraverso la pura resa
tecnica (parlo di "resa" e non di correttezza). Tipico è il caso dei
due di Liszt pei quali è importantissimo il modo con il quale
l'esecutore crea la propria proiezione sonora e soprattutto il proprio
gesto esecutivo: la difficoltà è quindi teatrale e recitativa e
c'entra molto il palcoscenico. Se i concerti di Liszt li suoni senza
atteggiarti a virtuoso ci sarà sempre molta gente che ricorderà
qualcuno più pirotecnico: in quel caso la difficoltà "tecnica" sta
appunto nel farla capire. Il che vuol dire che tu, esecutore, quanto
meno l'hai molto più che capita, cosa non sempre scontatissima.
Ciao
C
prostetnic vogon jeltz
2007-02-21 16:48:28 UTC
Permalink
Post by Carlo
Allora, non sono io il più titolato ma ci provo.
cappero che bel post: mi viene il dubbio che invece tu (titolato) lo
sia alquanto :-)
Magno
2007-02-21 17:14:11 UTC
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"Carlo" ha scritto nel messaggio
Post by Carlo
Allora, non sono io il più titolato ma ci provo.
Quella difficoltà "meccanica" diventa poi "tecnica" nel momento [cut]
Detto che quel passaggio non è
tra i più difficili del secondo concerto è detto tutto.
Cristo! Sudo solo a leggerti.
Post by Carlo
Siamo in questo caso di fronte allora ad un nuovo tipo di
difficoltà e cioè quel tipo di difficoltà che si manifesta nel momento
in cui devi "disimparare ciò che hai imparato", il legato tanto caro a
Schumann (tanto per dire) o il "jeux perlè" utile in Mendelssohn
(tanto per dire) o la sonorità polifonica che fa comodo in Bach
Cos'è quel "jeux perlè"? scusa l'ignoranza eh...
Post by Carlo
Un altro tipo di difficoltà è quella "di memoria", direi: il concerto
di Busoni dura una vita, è molto spesso un pantano di catrame e suoni
più note in quello che in tutti e 5 quelli di Beethoven (e sempre con
minor gloria...).
Hai tirato in ballo Beethoven per dire oppure con causa?
Non mi sembra che in Beethoven il concerto per piano sia così arzigogolato
di note a parte forse il 5°
Post by Carlo
Tipico è il caso dei
due di Liszt pei quali è importantissimo il modo con il quale
l'esecutore crea la propria proiezione sonora e soprattutto il proprio
gesto esecutivo: la difficoltà è quindi teatrale e recitativa e
c'entra molto il palcoscenico. Se i concerti di Liszt li suoni senza
atteggiarti a virtuoso ci sarà sempre molta gente che ricorderà
qualcuno più pirotecnico: in quel caso la difficoltà "tecnica" sta
appunto nel farla capire. Il che vuol dire che tu, esecutore, quanto
meno l'hai molto più che capita, cosa non sempre scontatissima.
Si vabbè ma chissenefrega se un imbecille mi giudica se sono teatrale o
meno, devo suonare bene ed emozionare no?!
Il resto che conta?

Grazie davvero per il post e il tempo che hai dedicato. Molto interessante.
Sarei curioso di sapere quali concerti per pianoforte e orchestra tu
preferisci. Il tutto basato sulla bellezza lasciando perdere l'eventuale
difficoltà.
--
Byez!
Magno
Carlo
2007-02-21 20:28:40 UTC
Permalink
Con ordine.
il jeux perlè è quel modo di suonare figurazioni veloci ma non
strappate, in modo che queste siano ritmicamente molto omogenee, con
un suono non brillantemente appuntito (come un diamante) ma tale per
cui ciascun suono rimanga molto distinto, piccino e rotondo e senza
viraggi timbrici verso tonalità troppo accese. Come una perla, che è
differente da un diamante, o come le bollicine di un vino di
Champagne, che non sono quelle dell'aranciata. Se appunto ascolti
Serkin o Perahia nei concerti di Mendelssohn c'è un perlato molto
davvero molto frizzante. O, meglio ancora, il presto in si bemolle di
Poulenc suonato da Horowitz.
Busoni e i concerti di Beethoven: hai ragione, il 5 di Beethoven non è
arzigogolato, è molto essenziale, distillato e concreto, come tutti
gli altri 4, d'altronde (qualche eccezione la possiamo trovare in
certi ornamenti nel quarto, dai, il quale quarto però diventa ascesi
nel secondo movimento). E' per questo che un concerto come quello di
Busoni, molto figurato è pieno di un sacco di note che molto spesso
nemmeno si sentono, e fungono da figurazione appunto (dire "ornamento"
sarebbe un insulto a Busoni) di accompagnamento alla massa sonora
orchestrale o corale. Le note del concerto di Busoni sono TANTISSIME,
e a contarle, aritmeticamente mi sa vien fuori una cifra superiore
alla somma di tutte le note dei tutti e cinque quelli di Beethoven...
non ho mai verificato, ma secondo me non è un azzardo : )
La teatralità dei concerti di Liszt: vero, chissenefrega se qualcuno
non si fa emozionare dalla fisicità e teatralità nel mio modo di
suonare, ma occorre tener conto che i concerti di Liszt sono stati
programmaticamente scritti da Liszt per esprimere la sua propria
fisicità e per dar quindi sfogo alla sua golosa vanagloria istrionica,
che era un tratto molto invadente della sua personalità. Messa in
questi termini è chiaro che la cosa si configura come un'opportunità
anche per chi si presenta con quei concerti 150 anni dopo l'autore.
Insoomma, in un concerto di Artur Rubinstein, l'attacco del primo
concerto di Liszt doveva essere un momento di spettacolo che da solo
valeva il biglietto. Ed in questi termini, tutti e due i concerti di
Liszt sono pieni di richiami al gioco e al gesto: immagina Liszt
stesso, sempre nel primo concerto, all'attacco del terzo movimento,
quando tutto sbilanciato sul lato destro della tastiera (e quindi con
gli occhi negli occhi delle dame in prima fila) faceva l'invasato che
ricrea sui tasti il suono del triangolo... anche Maradona giocava per
il pubblico, no?
Ciao
C
Straight-six
2007-02-20 17:34:58 UTC
Permalink
Post by novecento
Per pura curiosità, mi piacerebbe sapere quali sono i concerti più
difficili


Dvorak!

Facile per gli ascoltatori, difficilissimo per l'esecutore.

Richter ne ha dato una interpretazione formidabile.

E poi, vabbè, le cose ovvie, il Totentanz,
il 2 di Rach (per Rach) e il 3 di Rach (per tutti gli altri),
il 2 di Bartok (con quella cadenza
che solo Pollini riesce a ri-creare perfettamente),
poi Schoenberg, certo, il 2 di Brahms per la fatica
di farsi largo nell'orchestra (vedi Davidino), ecc ecc

Ciao ciao


davidino
2007-02-20 22:20:24 UTC
Permalink
Post by Straight-six
E poi, vabbè, le cose ovvie, il Totentanz,
Non direi proprio.

d
Straight-six
2007-02-20 22:31:08 UTC
Permalink
Post by davidino
Post by Straight-six
E poi, vabbè, le cose ovvie, il Totentanz,
Non direi proprio.
No?
E' facile?

Dicci dicci...


davidino
2007-02-21 08:51:53 UTC
Permalink
Post by Straight-six
Post by davidino
Post by Straight-six
E poi, vabbè, le cose ovvie, il Totentanz,
Non direi proprio.
No?
E' facile?
Dicci dicci...
Facile no, sicuro non è una delle cose più difficili. Come spesso
accade Liszt trae in inganno. Tante note, scritte tanto bene.

d
Straight-six
2007-02-21 22:28:47 UTC
Permalink
"davidino" <***@libero.it> ha scritto nel messaggio news:***@q2g2000cwa.googlegroups.com...

Facile no, sicuro non è una delle cose più difficili. Come spesso
accade Liszt trae in inganno. Tante note, scritte tanto bene.

Quindi anch'io potrei suonare il Totentanz????????? :-)))))

Senti, Davidone, ma, tornando serio,
secondo te quali sono le cose più difficili di Liszt?

Gli studi da Paganini prima versione?


Cià



Phaeton
2007-02-21 07:43:20 UTC
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Post by novecento
Post by novecento
Per pura curiosità, mi piacerebbe sapere quali sono i concerti più
difficili
Dvorak!
Facile per gli ascoltatori, difficilissimo per l'esecutore.
Sottoscrivo..il mai troppo ricordato concerto di Antonin non sfigura
affatto accanto ai due giganti brahmsiani....

Ora, vorrei sapere perché nessuno cita il secondo e il terzo di
Ciakovsky (il primo è ovvio!), perché la Totentanz non sarebbe poi
così complessa dal punto di vista pianistico...
Inoltre, se qualcuno lo conosce, vorrei un parere pianistico sul
concerto in La minore di Ottorino Respighi, che secondo il mio modesto
parere, è pirotecnico!

Ciao

Phaeton curioso
Continua a leggere su narkive:
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