Post by luziferszornmi chiedevo se si configurerebbe comunque un'esperienza di ascolto o
se sia in realtà impossibile scindere l'esperienza acustica da quella
extraacustica (psicologica, esecutiva, storica, personale) che
riguarda un certo brano. probabilmente a forza di levare componenti
"extraacustiche" non rimarrebbe niente.
boh. era un pensiero così. probabilmente peregrino.
Infatti, se sottrai competenze fino a ottenere totale tabula rasa
credo a quel punto risulti difficile anche distinguere il maggiore dal
minore (non a caso questo è uno dei primi esercizi che vengono fatti
in ambito di ascolto/percezione).
sì, stavo pensando anche al discorso fatto da rosalba sulla nona di
beethoven. probabilmente molto dell'effetto delle tonalità è il
ricordo, la storia e l'influenza delle opere precedenti sia su chi
ascolta che su chi esegue, ad esempio, il re minore E' prima di tutto
l'arte della fuga e poi qualsiasi altra cosa... la cosa ganza a mio
parere è che a differenza del compositore, l'ascoltatore e l'esecutore
sono influenzati anche dai brani futuri... quindi il discorso si
complica.. a rosalba interessavano più le scelte compositive rispetto
alle assonanze più o meno recondite e indirette che possando scatenare
le tonalità all'ascolto. si potrebbe risvoltare la frittata e pensare
alle influenze di chi compone, che ne so, una fuga in re minore,
sentendosi più o meno ispirato o il fiato sul collo.
Post by luziferszornImho è più interessante il discorso sull'accordo iniziale di Ondine,
ossia una triade maggiore di Do diesis che si alterna ad un la beq
superiore formando il noto tremolo (prime quattro http://youtu.be/94SrLeiKJ-0
Scomodo è scomodo, difficile è difficile.
haha ma infatti io ho giusto strimpellato l'accordo e il la :)
non ho le competenze per poter disquisire della difficoltà tecnica del
brano. le intenzioni di Ravel erano che il brano fosse particolarmente
difficile (soprattutto Scarbo, però), quindi ci potrebbe stare che il
do# c'è anche per quello. e per dare un tocco di esotismo, di
straniamento, di stranezza.
Post by luziferszornSe provi a trasportarlo in
do maggiore hai la sensazione di un appiattimento, in Re maggiore di
un medio assestamento. Ovviamente questo è quello che sento io dal
punto di vista digitale. Ma è cmq evidente che la percezione tattile
agisca pesantemente sul tocco, cioè sul timbro. Se lo suoni con la
sinistra (note reali) diventa ancora più fluido, ed imho quello è il
tocco giusto da trasferire poi a tutto il brano.
Detto questo, e non avendo l'orecchio assoluto (io non ce l'ho),
a questo punto come fai a dire che le riflessioni che riporti in
seguito siano dovute alla tonalità e non ad un orecchio assoluto
latente? io pure ho sempre negato (anche con veemenza) di non avere
alcun orecchio assoluto, eppure ho notato di riconoscere la stessa
nota in brani diversi. per me, riconoscere il re minore, magari non
pensando "re" ma "bach" è una forma di orecchio assoluto
Post by luziferszornse
suoni su un piano digitale e modifichi l'altezza, cioè agisci sul
traspositore mediante pressione di un tastino sul display, alzerai o
abbasserai di quel semitono senza modificare la pozione della mano,
dunque il tocco (che poi cmq sul piano digitale è limitato nelle sue
potenzialità effettive). Per quanto mi riguarda un semitono non mi
mette in crisi, ammenochè il cambio non venga fatto lì per lì, e
allora è un mezzo incubo percettivo/tattile; ma se faccio tarare un
semitono sotto da qualcuno è dopo tre giorni provo ad attaccare Ondine
non è detto che mi accorga immediatamente della variazione di
accordatura. Se però me lo sballi di due toni sento immediatamente che
c'è qualcosa di profondamente alterato, e non ci sono santi, il brano
è compromesso nella sua qualità acustica. Insomma una variazione
minima di un semitono credo diventi percepibile in determinati punti
della partitura piuttosto che in altri. Uno o due toni in su o in giù
bastano a farti sentire l'anomalia ad ogni battuta.
sì, ma io penso sia una forma di orecchio assoluto, non ci sono
santi:)
Post by luziferszornErgo se sono stati scelti sette diesis in chiave è perché si voleva
innanzitutto collocare la mano in una determinata posizione, la quale
avrebbe obbligato ad un preciso approccio alla tastiera, determinato
quindi il colore, ma ovviamente anche stabilire un'altezza tonale
all'interno della quale si sarebbero ottenuti picchi di frequenze
funzionali alla resa del brano. Ma c'è anche dell'altro, Anzi credo
molto altro.
beh il do# secondo me da un certo fascino "torbido" all'intera cosa,
come ho scritto piu sopra.
Post by luziferszornSu brani più semplice è altrettanto evidente: mi viene in mente
Bruyères di Debussy (5° preludio II° libro). 4 bemolli assolutamente
necessari per creare il clima da cui il titolo. Fossero diesis mi
prenderebbe l'angoscia :-)
a questo punto direi che per come la vedo io, almeno per un
temperamento _ragionevolmente_ equalizzato e per un orecchio
addomesticato, le cause principali dell'ineguaglianza delle tonalità
non direttamente legate alla prassi e alla meccanica esecutiva possono
essere
-un orecchio assoluto latente
-la memoria e la suggestione indotta da brani precedenti (diciamo, per
brevità, la _tradizione_ )
m