Post by mario r.p.Mi pare che un tempo lontano qualcuno aveva accennato qualcosa
sull'argomento....
Mi sono sompre domandato con quale criterio un compositore sceglie la
tonalita' di un brano. Intendo per tutta l'orchestra, per un clarinetto
in sib e' chiaro che il sib o il fa maggiore sono piu' facili del la o
fa# maggiore.
Perche', per esempio, il primo mov. della quinta di Beethoven e' in do
minore invece che, supponiamo, mi minore?
Ecco, in parte forse posso azzardare un'ipotesi del tutto personale sul
do e mi minore: la prima mi sembra una tonalita' piu' drammatica mentre
il mi minore piu' dolce o nostalgica.
Ma quello che non riesco a spiegarmi e' il perche'
(cut)
Com'è sempre nella maggior parte delle umane vicende credo sia arduo
isolare uno o più elementi e costruire con questi una teoria agile e
funzionale (cosa che, inoltre, personalmente non sarei neanche in grado di
fare), ma....
Semplificando molto credo che si possano fare due generi di riflessioni.
Da un lato è da considerare tutta una serie di argomenti che nei secoli
hanno alimentato costruzioni tese ad attribuire a modi prima e tonalità
poi uno specifico significato: "realtà" effettuale che sfuma in simbolismo
che diviene maniera e che, a sua volta, sopravvive in quanto retaggio
storico culturale sino ad epoche relativamente recenti.
Parlando di tonalità bisogna pensare all'universo retorico nel quale la
musica era immersa tanto quanto le arti figurative, o genericamente
rappresentative, e la prassi letteraria: lo stesso approccio che
prescriveva, ad esempio, che il tal santo venisse rappresentato con le mani
poste in un certo modo anzichè in un altro o che un personaggio venisse
"raccontato" servendosi della sua posizione o di un suo sguardo; non
considerare questo aspetto significa minimizzare l'importanza che il
rispetto di questa tradizione ha avuto per molti anni, anche in epoche
ormai incapaci di una percezione simbolica, o anche solo retorica,
altrettanto acuta.
A ciò è inestricabilmente avvinto l'aspetto più propriamente inerente alla
prassi e, in generale, alle problematiche legate all'organologia e alla
tecnica esecutiva, strumentale o vocale che sia.
E' ovvio che in un simile discorso l'argomento relativo ai temperamenti può
trovare un suo spazio, sia sotto un profilo strettamente tecnico (la
possibilità di suonare su più tonalita sullo stesso strumento) sia
riguardo ad aspetti più "esoterici", ma il grosso rischio, in questo
genere di analisi, è quello di mettere il carro davanti ai buoi, ordinando
i fatti in modo che tutto si consideri come una marcia trionfale verso la
conquista del temperamento equabile a partire da antecedenti frustranti
quanto castranti (come se il temperamento equabile fosse sconosciuto o
perlomeno "vietato" sino all'opera Bachiana). In questo calderone vi è
inoltre l'aspetto legato alla tecnica esecutiva propria dei singoli
strumenti: se un compositore scriveva per archi era più probabile che
adoperasse alcune tonalità piuttosto di altre (la maggior parte dei
"grandi" concerti per violino è in re maggiore non a caso) mentre credo sia
peccare di ingenuità pensare che un bel do maggiore su tutti quei tasti
bianchi sia più "semplice" per un pianista che ...boh..... si maggiore, con
un bell'appoggio della mano sui tasti neri (ovviamente non essendo pianista
improvviso, e quindi mi scuso con gli "specialisti"). Certo, nel caso di
composizioni per più strumenti il compositore sceglie quale "agevolare":
nel caso dei lavori di Mozart per clarinetto di bassetto, ad esempio, la
tonalità di la maggiore è ideale per lo strumento solista (tra l'altro
"tagliato" in la) ma molto meno per gli archi del quintetto o l'orchestra
del concerto, che si devono un po' arrangiare ma... così è la vita:-) La
scelta della tonalità di una sinfonia potrà creare i presupposti per
impasti "composti" da sonorità più brillanti degli archi o più scure dei
legni o degli ottoni, questo non significa che un mediocre musicista come
me, fornito dalla natura di un orecchio assolutamente relativo, possa
riconoscere una tonalità "a timbro", ma potete star certi che lo stesso
brano suonato in un'altra tonalità risulterà, ad un raffronto, "colorato"
di tinte molto diverse (e parlo veramente di un'altra tonalità, non mi
riferisco ad un giradischi più o meno veloce).
Infine quando di mezzo ci finiscono le voci è ancora un altro paio di
maniche! A tutti gli strumentisti capita di imprecare violentemente di
fronte alle tonalità nelle quali ci si imbatte nel corso di un opera, ma ci
sono almeno due considerazioni da fare.
Per quello che riguarda l'opera "romantica", diciamo da Bellini in poi, la
struttura assai complessa acquisita dall'impianto formale dell'opera (arie
doppie, con interventi corali, scene d'insieme, bande e quant'altro, il
tutto variamente concatenato) fa si che il variare dell'impianto tonale sia
stettamente legato ad una concatenazione tesa alla massima drammatizzazione
di ogni elemento, il che porta spesso a "viaggiare" vorticosamente in mezzo
marosi assai agitati, anche per quel che riguarda la tonalità. In ultimo
(ma non meno importante) bisogna considerare come per un cantante un
semitono in più o in meno può significare tutto: se, ad esempio, alzare o
abbassare di un semitono un'aria può servire a spostare il "passaggio" in
un punto più comodo il compositore attento alle esigenze della voce lo farà
senza esitazioni, anche se questo vorrà dire impegnare l'orchestra in
tonalità con millanta diesis in chiave.
Torno nel loculo
ciao
marino