Discussione:
Samson François che suona Chopin (per Zazie e tutti gli altri)
(troppo vecchio per rispondere)
almaviva
2009-01-23 21:55:43 UTC
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con Ravel secondo me è insuperabile, ma ora sto ascoltando il suo
Chopin, le Polacche per la precisione.
Nel mio immaginario le Polacche sono canti di "guerra", patriottiche e
allo stesso tempo malinconiche e struggenti. Ora... non so... tutti
questi rubati, ste marachelle... non so, sarò ignorante... non ci
sento riflessione, respiro.
Sarà che sono troppo abituato a quel vecchio vinile di Rubinstein...
Voi che ne pensate?

p.s. "per Zazie" perché mi ricordo che lei sicuramente conosceva le
intepretazioni di François, e, come me, le apprezzava

manuel:)
--
azzurra
#iamc
Shapiro used clothes
2009-01-23 23:19:11 UTC
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Post by almaviva
Sarà che sono troppo abituato a quel vecchio vinile di Rubinstein...
Voi che ne pensate?
E' tutto un altro punto di vista. Su Chopin, non solo sulle Polacche.

dR
almaviva
2009-01-24 08:07:42 UTC
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Post by Shapiro used clothes
Post by almaviva
Sarà che sono troppo abituato a quel vecchio vinile di Rubinstein...
Voi che ne pensate?
E' tutto un altro punto di vista. Su Chopin, non solo sulle Polacche.
dR
ah
Shapiro used clothes
2009-01-24 10:26:31 UTC
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ah
Mi rendo conto di essere stato un po' troppo sintetico. Possono persino
risultare complementari: Rubinstein accetta e valorizza aspetti di Chopin
che in Francois passano in secondo piano, imho. Le interpretazioni di
Rubinstein mi sono sempre sembrate un'ottima introduzione alla conoscenza di
Chopin, e anche qualcosa in più. Non gode di ottima fama presso la critica
(almeno parte, della critica), e la cosa mi pare francamente immeritata: è
un lettore attento e partecipe, rispetta il testo molto di più di tanti
altri pianisti, anche più giovani di lui, non è affatto monocorde o
unilaterale o schematico nell'interpretazione; il suono è sempre controllato
e "bello", nelle prove più recenti (anni sessanta, per esempio) è anche
vario e sfaccettato, il fraseggio composto ed elegante. Il coinvolgimento
sentimentale è sempre presente anche se mai all'insegna dell'eccesso.
Francois invece fa parte di quella schiera di pianisti non numerosa che
introducono nell'arte di Chopin un elemento interpretativo più estremo, un
po' di Romanticismo "nero", non solo pessimistico, inequivocabilmente legato
alla cultura francese. Qualcosa di simile accade con certo Horowitz e in
fondo anche con Rachmaninoff (intendo l'interprete) che di questa tendenza è
il capostipite accertato, fermo restando che sono tre artisti diversissimi;
l'elemento che li accomuna è il rifiuto di una visione sostanzialmente
"apollinea" (vado per generalizzazioni forti, anzi fortissime) dell'arte
chopiniana. C'è molto di dionisiaco invece nell'altra schiera di interpreti,
di torbido, di fisico e gestuale. Con questo non voglio dare l'idea che li
consideri poco controllati; Francois è controllatissimo, con le dita e con
l'intelletto. Tanto meno è artista che faccia affidamento sulle seduzioni
del parlare con il cuore in mano, dell'immediatezza espressiva; anzi, di
questo atteggiamento è l'antitesi più netta e implacabile; semmai è
Rubinstein a dare a volte, brevissimamente, quest'impressione di
espressività "facile" e spensierata, profondamente umana nel suo caso.
Semplicemente, Francois mi pare rifiutare l'idea di bellezza oggettiva, di
archetipo immutabile che in fondo sento sempre presente in Rubinstein; la
sua idea di bellezza è tensione continua. Le interpretazioni di Francois mi
danno l'impressione di essere calate nel contesto esistenziale, separare
l'arte dalla vita è con lui sommamente artificioso, e le possibilità
evocative della musica (evocazione di immagini, innanzi tutto) non sono solo
accettate, ma potenziate all'estremo; certe sue interpretazioni sembrano un
susseguirsi di illuminazioni allucinatorie, di atti di coscienza
involontari; mi fanno pensare a Rimbaud se non ai surrealisti, e se il senso
della forma quasi vacilla e ne esce trasformato, radicalmente trasformato,
beh, tanto meglio.

Con questo volevo solo esprimere le mie impressioni che non vogliono avere
valore generale. Bisognerebbe prendere un gruppo di composizioni e
confrontare con la pagina sotto gli occhi. A me è già capitato di farlo,
anche se non recentemente (è facilissimo, si possono scaricare gratuitamente
gli spartiti e su Youtube trovi tanto, almeno di Rubinstein) e il confronto
è illluminante non solo in pagine in cui già Chopin carica le tinte ma anche
in composizioni che al primo sguardo risultano tutto sommato innocenti, come
il famosissimo Notturno in mi bemolle. In Francois si intravede spesso anche
una forma tipicamente romantica di ironia, che Rubinstein tiene sempre sotto
controllo e non accentua. O declina in senso non amaro e meno radicalmente
pessimistico, anche meno visionario.

C'è poi da dire qualcosa sul repertorio e sulla formazione. In merito a
questa è lapallissiana la differenza, visto le differenze di epoca e di età.
Rubinstein viene introdotto nella cerchia di Joachim, successivamente
frequenta Paderewski di cui peraltro vede benissimo i limiti tecnici. E'
riconducibile alla generazione degli anni ottanta dell'Ottocento, di cui si
sente parte pur maturando più lentamente, anche se non può soffrire Arthur
Schnabel che gli sembra aridamente intellettualistico. Il repertorio di
Rubinstein è centrato su Chopin; accanto a Chopin si dedica, non molto, a
Liszt, prima di Chopin lo interessano Beethoven (di cui non è interprete
originalissimo; in ogni caso vi si impegnò maggiormente in gioventù) e
Mozart (sei concerti, il Rondò in la minore; non molto, ma molto buono a mio
parere; va aggiunta una notevole lettura delle Variazioni in fa minore di
Haydn), dopo Chopin si dedica a Brahms, a Debussy, ad alcuni autori
novecenteschi, di area francese o spagnola. Di Debussy avrebbe potuto essere
un grande interprete ma purtroppo non vi si impegnò molto (se ricordo bene
le sue incisioni di questo autore stanno comodamente in un disco), si
ricordano anche alcune pagine brevi di Prokofiev. Conosce bene gli
interpreti riconducibili alle culture slave e centroeuropee, da cui assimila
sempre qualcosa, anche quando personalmente non li poteva soffrire. Suona,
in gioventù, molta musica del Novecento che poi lascia da parte, sovente
senza neppure averla incisa.
Francois (che ha parecchi anni di meno) fu allievo prima di Cortot e poi
della Long, con cui peraltro non ebbe un rapporto facile. Fu molto
influenzato da Cortot, si dedicò soprattutto a Chopin, a Debussy e a Ravel,
con puntate per lo più occasionali su altri autori. Degli ultimi due si può
tranquillamente considerare un grande interprete, come di Chopin.
Dal punto di vista umano non avrebbe potuto essere più diverso da
Rubinstein; questo era dotato di una vitalità straripante, Francois
purtroppo morì giovane, pare facesse uso di stupefacenti.
Dal confronto delle carriere mi sembra emerga un dato, a tutta prima:
Francois è un interprete più settoriale e più connotato ideologicamente, per
così dire, non solo per motivi anagrafici. Francois che suona i concerti di
Mozart proprio non me lo vedo, e non mi risulta. Rubinstein aspira ad un
altro tipo di carriera, ha una diversa capacità di comunicare con il
pubblico. Io poi vedo un fatto macroscopico, e forse mi sbaglierò ma lo
voglio dire: Rubinstein si forma e resta fedele ad un ambito culturale in
cui l'importanza di Wagner viene ridimensionata. Francois invece è
influenzato da musicisti, Cortot in testa, che con Wagner si cimentarono
fino in fondo, che in Wagner vedono, se non un profeta, l'uomo con cui
confrontarsi a qualsiasi costo, il grande testimone della Storia, insomma lo
spartiacque. Credo che anche questi fattori abbiano la loro importanza. Con
questo non voglio dire che Rubinstein non lo conoscesse, assolutamente,
credo anzi che lo abbia suonato parecchio in riunioni private (le abitudini
di cui parla Proust restarono vive molto a lungo). Ma l'esperienza non
lasciò in lui i frutti che maturarono altrove, almeno non mi pare. E la
frequentazione o meno dell'opera lirica, di un repertorio destinato alla
valorizzazione del canto ha la sua influenza sul modo in cui si "canta" con
il pianoforte. Horowitz ammise tranquillamente che la sua arte di interprete
era nata ascoltando dischi di cantanti, e peralto è documentata anche la sua
passione wagneriana (pare che indicando un punto qualsiasi del Ring, Volodia
fosse in grado di sedere al pianoforte e continuare a piacere). Con questo
non voglio insinuare che il fraseggio chopiniano di Francois sia influenzato
dal declamato wagneriano, ma che Francois parta da una cultura, musicale e
non solo, in cui Wagner e Liszt hanno ben altro peso, con tutto ciò che
questo può comportare nel modo di pensare tutta la creatività musicale.

scusa la lungaggine (avevo una mezz'oretta e voglia di scrivere) e ciao :-)

dR
Hans Rott
2009-01-24 11:32:31 UTC
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Certo. Ascoltando Francois non si puo' che
Post by Shapiro used clothes
pensare a Rimbaud
e soptattutto
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a Debussy e a Ravel
P.
almaviva
2009-01-24 13:16:53 UTC
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Post by Shapiro used clothes
ah
Mi rendo conto di essere stato un po' troppo sintetico. Possono persino
risultare complementari: Rubinstein accetta e valorizza aspetti di Chopin
che in Francois passano in secondo piano, imho. Le interpretazioni di
Rubinstein mi sono sempre sembrate un'ottima introduzione alla conoscenza di
Chopin, e anche qualcosa in più. Non gode di ottima fama presso la critica
(almeno parte, della critica), e la cosa mi pare francamente immeritata: è
un lettore attento e partecipe, rispetta il testo molto di più di tanti
altri pianisti, anche più giovani di lui, non è affatto monocorde o
unilaterale o schematico nell'interpretazione; il suono è sempre controllato
e "bello", nelle prove più recenti (anni sessanta, per esempio) è anche
vario e sfaccettato, il fraseggio composto ed elegante. Il coinvolgimento
sentimentale è sempre presente anche se mai all'insegna dell'eccesso.
Francois invece fa parte di quella schiera di pianisti non numerosa che
introducono nell'arte di Chopin un elemento interpretativo più estremo, un
po' di Romanticismo "nero", non solo pessimistico, inequivocabilmente legato
alla cultura francese. Qualcosa di simile accade con certo Horowitz e in
fondo anche con Rachmaninoff (intendo l'interprete) che di questa tendenza è
il capostipite accertato, fermo restando che sono tre artisti diversissimi;
l'elemento che li accomuna è il rifiuto di una visione sostanzialmente
"apollinea" (vado per generalizzazioni forti, anzi fortissime) dell'arte
chopiniana. C'è molto di dionisiaco invece nell'altra schiera di interpreti,
di torbido, di fisico e gestuale. Con questo non voglio dare l'idea che li
consideri poco controllati; Francois è controllatissimo, con le dita e con
l'intelletto. Tanto meno è artista che faccia affidamento sulle seduzioni
del parlare con il cuore in mano, dell'immediatezza espressiva; anzi, di
questo atteggiamento è l'antitesi più netta e implacabile; semmai è
Rubinstein a dare a volte, brevissimamente, quest'impressione di
espressività "facile" e spensierata, profondamente umana nel suo caso.
Semplicemente, Francois mi pare rifiutare l'idea di bellezza oggettiva, di
archetipo immutabile che in fondo sento sempre presente in Rubinstein; la
sua idea di bellezza è tensione continua. Le interpretazioni di Francois mi
danno l'impressione di essere calate nel contesto esistenziale, separare
l'arte dalla vita è con lui sommamente artificioso, e le possibilità
evocative della musica (evocazione di immagini, innanzi tutto) non sono solo
accettate, ma potenziate all'estremo; certe sue interpretazioni sembrano un
susseguirsi di illuminazioni allucinatorie, di atti di coscienza
involontari; mi fanno pensare a Rimbaud se non ai surrealisti, e se il senso
della forma quasi vacilla e ne esce trasformato, radicalmente trasformato,
beh, tanto meglio.
Con questo volevo solo esprimere le mie impressioni che non vogliono avere
valore generale. Bisognerebbe prendere un gruppo di composizioni e
confrontare con la pagina sotto gli occhi. A me è già capitato di farlo,
anche se non recentemente (è facilissimo, si possono scaricare gratuitamente
gli spartiti e su Youtube trovi tanto, almeno di Rubinstein) e il confronto
è illluminante non solo in pagine in cui già Chopin carica le tinte ma anche
in composizioni che al primo sguardo risultano tutto sommato innocenti, come
il famosissimo Notturno in mi bemolle. In Francois si intravede spesso anche
una forma tipicamente romantica di ironia, che Rubinstein tiene sempre sotto
controllo e non accentua. O declina in senso non amaro e meno radicalmente
pessimistico, anche meno visionario.
C'è poi da dire qualcosa sul repertorio e sulla formazione. In merito a
questa è lapallissiana la differenza, visto le differenze di epoca e di età.
Rubinstein viene introdotto nella cerchia di Joachim, successivamente
frequenta Paderewski di cui peraltro vede benissimo i limiti tecnici. E'
riconducibile alla generazione degli anni ottanta dell'Ottocento, di cui si
sente parte pur maturando più lentamente, anche se non può soffrire Arthur
Schnabel che gli sembra aridamente intellettualistico. Il repertorio di
Rubinstein è centrato su Chopin; accanto a Chopin si dedica, non molto, a
Liszt, prima di Chopin lo interessano Beethoven (di cui non è interprete
originalissimo; in ogni caso vi si impegnò maggiormente in gioventù) e
Mozart (sei concerti, il Rondò in la minore; non molto, ma molto buono a mio
parere; va aggiunta una notevole lettura delle Variazioni in fa minore di
Haydn), dopo Chopin si dedica a Brahms, a Debussy, ad alcuni autori
novecenteschi, di area francese o spagnola. Di Debussy avrebbe potuto essere
un grande interprete ma purtroppo non vi si impegnò molto (se ricordo bene
le sue incisioni di questo autore stanno comodamente in un disco), si
ricordano anche alcune pagine brevi di Prokofiev. Conosce bene gli
interpreti riconducibili alle culture slave e centroeuropee, da cui assimila
sempre qualcosa, anche quando personalmente non li poteva soffrire. Suona,
in gioventù, molta musica del Novecento che poi lascia da parte, sovente
senza neppure averla incisa.
Francois (che ha parecchi anni di meno) fu allievo prima di Cortot e poi
della Long, con cui peraltro non ebbe un rapporto facile. Fu molto
influenzato da Cortot, si dedicò soprattutto  a Chopin, a Debussy e a Ravel,
con puntate per lo più occasionali su altri autori. Degli ultimi due si può
tranquillamente considerare un grande interprete, come di Chopin.
Dal punto di vista umano non avrebbe potuto essere più diverso da
Rubinstein; questo era dotato di una vitalità straripante, Francois
purtroppo morì giovane, pare facesse uso di stupefacenti.
Francois è un interprete più settoriale e più connotato ideologicamente, per
così dire, non solo per motivi anagrafici. Francois che suona i concerti di
Mozart proprio non me lo vedo, e non mi risulta. Rubinstein aspira ad un
altro tipo di carriera, ha una diversa capacità di comunicare con il
pubblico. Io poi vedo un fatto macroscopico, e forse mi sbaglierò ma lo
voglio dire: Rubinstein si forma e resta fedele ad un ambito culturale in
cui l'importanza di Wagner viene ridimensionata. Francois invece è
influenzato da musicisti, Cortot in testa, che con Wagner si cimentarono
fino in fondo, che in Wagner vedono, se non un profeta, l'uomo con cui
confrontarsi a qualsiasi costo, il grande testimone della Storia, insomma lo
spartiacque. Credo che anche questi fattori abbiano la loro importanza. Con
questo non voglio dire che Rubinstein non lo conoscesse, assolutamente,
credo anzi che lo abbia suonato parecchio in riunioni private (le abitudini
di cui parla Proust restarono vive molto a lungo). Ma l'esperienza non
lasciò in lui i frutti che maturarono altrove, almeno non mi pare. E la
frequentazione o meno dell'opera lirica, di un repertorio destinato alla
valorizzazione del canto ha la sua influenza sul modo in cui si "canta" con
il pianoforte. Horowitz ammise tranquillamente che la sua arte di interprete
era nata ascoltando dischi di cantanti, e peralto è documentata anche la sua
passione wagneriana (pare che indicando un punto qualsiasi del Ring, Volodia
fosse in grado di sedere al pianoforte e continuare a piacere). Con questo
non voglio insinuare che il fraseggio chopiniano di Francois sia influenzato
dal declamato wagneriano, ma che Francois parta da una cultura, musicale e
non solo, in cui Wagner e Liszt hanno ben altro peso, con tutto ciò che
questo può comportare nel modo di pensare tutta la creatività musicale.
scusa la lungaggine (avevo una mezz'oretta e voglia di scrivere) e ciao :-)
dR
grazie, un post interessantissimo. ora che ci penso, ricordo che un
altro interprete che mi aveva colpito molto nelle polacche ( per non
dire nei suoi insuperabili studi )
era Ashkenazy. lo collegheresti ad una delle due "scuole" suddette o
si tratta di un capitolo a parte?

manuel
Shapiro used clothes
2009-01-24 13:54:32 UTC
Permalink
Post by almaviva
era Ashkenazy. lo collegheresti ad una delle due "scuole" suddette o
si tratta di un capitolo a parte?
Le sue Polacche non le conosco. In realtà come interprete chopiniano lo
conosco abbastanza poco, non sempre le sue scelte di timbro mi entusiasmano.
E' un altro tipo di interprete, mi pare, non riconducibile alla cultura
russa o comunque dell'Est più tradizionale. Di certo la sua prima
registrazione degli Studi (la prima in particolare) è notevole, un must
della discografia dell'opera. Per il resto non saprei. Quando mi va di
sentire Chopin (spesso) mi indirizzo su Rubinstein (forse il più completo,
per il mio gusto), su Francois, su Horowitz (non è una classifica), su
alcune incisioni di Pollini (Studi e Preludi) e di Arrau, su Sofronitzki
(altro splendido irregolare).

dR
zazie reloaded
2009-01-24 11:10:40 UTC
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Post by almaviva
p.s. "per Zazie" perché mi ricordo che lei sicuramente conosceva le
intepretazioni di François, e, come me, le apprezzava
sì, amo moltissimo François
Devo dire due cose però
La prima è che le polacche sono le composizioni chopiniane che mi piacciono
meno (essendo io una "fan" assoluta di Chopin)
La seconda è che, è vero che le polacche hanno un che di marziale, però è il
ritmo della polacca che viene mantenuto, non il suo carattere. Come in Bach,
la danza si trasforma in un brano musicale molto più complesso e alla fine
nemmeno troppo legato alla forma di origine (fatto salvo appunto per il
metro e il ritmo). Dunque penso che in alcune polacche l'interpretazione
"poco marziale" ci possa anche stare
Aggiungo in ultimo che non ho mai sentito François nelle polacche, dunque
non mi esprimo :-)))
Trovo molto belli i suoi notturni.
Sightreading
2009-01-24 11:30:30 UTC
Permalink
Post by zazie reloaded
Trovo molto belli i suoi notturni.
Conosci "Thierry de Brunoff"? Ne ho chiesta notizia tempo fa ma nessuno
pareva saperne nulla, o almeno nessuno ha risposto.
zazie reloaded
2009-01-24 19:35:11 UTC
Permalink
Post by Sightreading
Post by zazie reloaded
Trovo molto belli i suoi notturni.
Conosci "Thierry de Brunoff"? Ne ho chiesta notizia tempo fa ma nessuno
pareva saperne nulla, o almeno nessuno ha risposto.
no, non conosco
almaviva
2009-01-24 13:26:36 UTC
Permalink
Post by zazie reloaded
sì, amo moltissimo François
ricordavo bene, allora
Post by zazie reloaded
Devo dire due cose però
La prima è che le polacche sono le composizioni chopiniane che mi piacciono
meno (essendo io una "fan" assoluta di Chopin)
cosa intendi? voglio dire, non devi certo spiegarmi perchè non ti
piacciono le polacche, ma cosa vuol dire essere "fan assoluta" e quali
sono i pezzi "assoluti"?
Post by zazie reloaded
La seconda è che, è vero che le polacche hanno un che di marziale, però è il
ritmo della polacca che viene mantenuto, non il suo carattere. Come in Bach,
la danza si trasforma in un brano musicale molto più complesso e alla fine
nemmeno troppo legato alla forma di origine (fatto salvo appunto per il
metro e il ritmo). Dunque penso che in alcune polacche l'interpretazione
"poco marziale" ci possa anche stare
si si, in alcune è vero. probabilmente sono influenzato da ascolti
precedenti. cmq più che marziale in senso militaresco e ritmico,
intendevo "di guerra" in senso aptrittico/nostalgico. io non conosco
tanto la vita di Chopin né sono mai stato in Polacchia, però, così, a
naso, mi verrebbe da pensare che sono i brani in cui la sua terra
natale si "sente" di più, il suo pensiero verso la terra natale,
intendo. forse eh, forse mi sbaglio.
Post by zazie reloaded
Aggiungo in ultimo che non ho mai sentito François nelle polacche, dunque
non mi esprimo :-)))
Trovo molto belli i suoi notturni.
idem per me. e sulla lettura dei Notturni fatta da Francois concordo
con quello che ha detto dR.

m:)
almaviva
2009-01-24 13:28:38 UTC
Permalink
Post by almaviva
si si, in alcune è vero. probabilmente sono influenzato da ascolti
precedenti. cmq più che marziale in senso militaresco e ritmico,
intendevo "di guerra" in senso aptrittico/nostalgico.
volevo dire patriottico
Post by almaviva
io non conosco
tanto la vita di Chopin né sono mai stato in Polacchia, però, così, a
naso, mi verrebbe da pensare che sono i brani in cui la sua terra
natale si "sente" di più, il suo pensiero verso la terra natale,
intendo. forse eh, forse mi sbaglio.
ah e non certo perchè si chiamano "Polacche" eh.. ci ho pensato
adesso, per la prima volta, giuro !:)
zazie reloaded
2009-01-24 19:40:40 UTC
Permalink
Post by almaviva
ah e non certo perchè si chiamano "Polacche" eh.. ci ho pensato
adesso, per la prima volta, giuro !:)
beh la polacca è una danza della Polonia, come dice il nome :-)))
Wikipedia dice
La polonaise (in italiano polacca) è una danza in tempo moderato e ritmo di
3/4, caratterizzata dall'andamento maestoso e dal ritmo puntato
dell'incipit.

Nasce come danza nazionale polacca di origine popolare e di carattere
cerimoniale, nota fin dal XVI secolo, circolante in Europa dal XVII e
utilizzata nel periodo classico anche come movimento di concerto (ad esempio
nel Concerto n. 3 in mi minore di Handel).

Nella cultura musicale europea è soprattutto legata al nome di Chopin, che
debuttò come compositore appunto con una Polonaise, nel 1817, e scrisse
numerose composizioni autonome in questa forma.
Molto amata nell'Ottocento, rimane viva nella cultura musicale polacca.

vedi dunque che il carattere militaresco ci sta poco

Il carattere è maestoso, il metro è 3/4 e c'è il ritmo puntato
caratteristico

Con queste caratteristiche si può tirar fuori una polacca :-)))
almaviva
2009-01-24 20:34:58 UTC
Permalink
scusami
Intendevo dire che, malgrado io sia una fanatica di Chopin, trovo che le
polacche non siano all'altezza di tutto il resto
Diciamo che sono le sue opere che ascolto meno volentieri
strano, sarò scontato, ma a me lo fa con alcuni valzer.
zazie reloaded
2009-01-24 21:07:34 UTC
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Post by almaviva
strano, sarò scontato, ma a me lo fa con alcuni valzer.
sembrerebbero un po' triviali, ma imho ascoltandoli bene sono vere e proprie
gemme :-)))
Shapiro used clothes
2009-01-26 20:56:53 UTC
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Post by zazie reloaded
sembrerebbero un po' triviali, ma imho ascoltandoli bene sono vere e
proprie gemme :-)))
Dirò una bestialità, ma quelli e le mazurke sono un vero banco di prova.
Imho.

dR
zazie reloaded
2009-01-26 21:17:56 UTC
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Post by Shapiro used clothes
Post by zazie reloaded
sembrerebbero un po' triviali, ma imho ascoltandoli bene sono vere e
proprie gemme :-)))
Dirò una bestialità, ma quelli e le mazurke sono un vero banco di prova.
Imho.
eh
e pure i notturni, sotto sotto :-)

zazie reloaded
2009-01-24 19:37:45 UTC
Permalink
Post by almaviva
cosa intendi? voglio dire, non devi certo spiegarmi perchè non ti
piacciono le polacche, ma cosa vuol dire essere "fan assoluta" e quali
sono i pezzi "assoluti"?
scusami
Intendevo dire che, malgrado io sia una fanatica di Chopin, trovo che le
polacche non siano all'altezza di tutto il resto
Diciamo che sono le sue opere che ascolto meno volentieri
Post by almaviva
si si, in alcune è vero. probabilmente sono influenzato da ascolti
precedenti. cmq più che marziale in senso militaresco e ritmico,
intendevo "di guerra" in senso aptrittico/nostalgico. io non conosco
tanto la vita di Chopin né sono mai stato in Polacchia, però, così, a
naso, mi verrebbe da pensare che sono i brani in cui la sua terra
natale si "sente" di più, il suo pensiero verso la terra natale,
intendo. forse eh, forse mi sbaglio.
sì, ma tutto è comunque abbastanza filtrato dal suo gusto musicale
Qualche eco c'è, anche nelle mazurche
Post by almaviva
idem per me. e sulla lettura dei Notturni fatta da Francois concordo
con quello che ha detto dR.
certamente, anch'io
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