Sunbather
2021-12-26 17:17:13 UTC
Forte della sua doppia expertise di direttore
d’orchestra e pittore dilettante, il buon F.M. Sardelli
si addentra in un excursus storico-artistico-musicale
mettendo in rassegna dal punto di vista tecnico e
filologico le (poche) testimonianze visive sopravvissute
delle fattezze presunte del Vivaldi, sostanzialmente
portando conferme alle ipotesi che ritengono attendibili
il famoso ritratto di Bologna databile a inizio ’700,
l’incisione di La Cave del 1725 e tangenzialmente —
unica a non avere bisogno di nessun accredito perché
certamente veritiera — la caricatura del 1723 di Leone Ghezzi.
Fondamentalmente, l’attendibilità va cercata a ritroso,
a partire dalla brutta incisione che nel 1725 accompagnava
l’edizione a stampa dell’opera Ottava, pubblicata ad Amsterdam:
per quanto scadente, quell’immagine mostra un compositore con
la medesima scollatura della camicia aperta sul petto
(una posa dovuta probabilmente alla malattia, “strettezza di petto”,
che attanagliava sin da piccolo il Nostro), un particolare del tutto
eccezionale per quell’epoca e quel contesto, e che — pur nella
dissimiglianza dei volti, dovuta ai molti interscambi necessari
per passare da un originale disegnato o dipinto ormai perduto
ad una incisione opera di un incisore alle prime armi, residente
perdipiú a oltre mille chilometri di distanza — mette inequivocabilmente
in relazione le due raffigurazioni come autosostenitrici l’una
dell’altra veridicità.
Il fatto che nell’incisione, piú tarda, Vivaldi appaia senza
violino si spiega con la ragione che con l’avanzare della sua
carriera il compositore tendeva a presentarsi prima di tutto come
autore tout-court, e non piú come violinista-compositore, che
risultava ormai squalificante. La chicca di questo libro, comunque,
è riprodotta in copertina ed è quella che pensiamo essere stata
una scoperta della Bettina Hoffmann, moglie del Sardelli, che
notoriamente va alla ricerca di corrispondenze pittoriche e musicali
nella storia dell’arte: nella Chiesa della Pietà a Venezia — che non è
piú quella in cui suonavano Vivaldi e le sue allieve, ma venne
costruita piú ampia subito dopo la sua scomparsa al fianco di
quella originaria non piú esistente — tra gli affreschi del Tiepolo che
decorano la vòlta, si trova la testa di un personaggio dai capelli rossi
(Vivaldi era soprannominato il “prete rosso”) che spunta alle spalle
di un angelo violinista, che valse probabilmente come omaggio
al Maestro che per un lasso di tempo cosí lungo aveva prestato
il suo talento alla formazione musicale della scuola e alla vita
musicale veneziana in generale.
Sellerio, 290 pagg. illustrate, 24 euri
https://confessochehofruito.blogspot.com/2021/12/alla-faccia-di-vivaldi.html
d’orchestra e pittore dilettante, il buon F.M. Sardelli
si addentra in un excursus storico-artistico-musicale
mettendo in rassegna dal punto di vista tecnico e
filologico le (poche) testimonianze visive sopravvissute
delle fattezze presunte del Vivaldi, sostanzialmente
portando conferme alle ipotesi che ritengono attendibili
il famoso ritratto di Bologna databile a inizio ’700,
l’incisione di La Cave del 1725 e tangenzialmente —
unica a non avere bisogno di nessun accredito perché
certamente veritiera — la caricatura del 1723 di Leone Ghezzi.
Fondamentalmente, l’attendibilità va cercata a ritroso,
a partire dalla brutta incisione che nel 1725 accompagnava
l’edizione a stampa dell’opera Ottava, pubblicata ad Amsterdam:
per quanto scadente, quell’immagine mostra un compositore con
la medesima scollatura della camicia aperta sul petto
(una posa dovuta probabilmente alla malattia, “strettezza di petto”,
che attanagliava sin da piccolo il Nostro), un particolare del tutto
eccezionale per quell’epoca e quel contesto, e che — pur nella
dissimiglianza dei volti, dovuta ai molti interscambi necessari
per passare da un originale disegnato o dipinto ormai perduto
ad una incisione opera di un incisore alle prime armi, residente
perdipiú a oltre mille chilometri di distanza — mette inequivocabilmente
in relazione le due raffigurazioni come autosostenitrici l’una
dell’altra veridicità.
Il fatto che nell’incisione, piú tarda, Vivaldi appaia senza
violino si spiega con la ragione che con l’avanzare della sua
carriera il compositore tendeva a presentarsi prima di tutto come
autore tout-court, e non piú come violinista-compositore, che
risultava ormai squalificante. La chicca di questo libro, comunque,
è riprodotta in copertina ed è quella che pensiamo essere stata
una scoperta della Bettina Hoffmann, moglie del Sardelli, che
notoriamente va alla ricerca di corrispondenze pittoriche e musicali
nella storia dell’arte: nella Chiesa della Pietà a Venezia — che non è
piú quella in cui suonavano Vivaldi e le sue allieve, ma venne
costruita piú ampia subito dopo la sua scomparsa al fianco di
quella originaria non piú esistente — tra gli affreschi del Tiepolo che
decorano la vòlta, si trova la testa di un personaggio dai capelli rossi
(Vivaldi era soprannominato il “prete rosso”) che spunta alle spalle
di un angelo violinista, che valse probabilmente come omaggio
al Maestro che per un lasso di tempo cosí lungo aveva prestato
il suo talento alla formazione musicale della scuola e alla vita
musicale veneziana in generale.
Sellerio, 290 pagg. illustrate, 24 euri
https://confessochehofruito.blogspot.com/2021/12/alla-faccia-di-vivaldi.html